VAI A: 00:53 Area 51

È uno degli luoghi più misteriosi del mondo moderno, una continua sorgente di dicerie, supposizioni e leggende. È la zona in cui, secondo l'immaginario collettivo moderno, siano nascosti UFO, uomini in nero, segretissime e pericolosissime armi batteriologiche…

Ma cos'è realmente l'Area 51? È una sezione del poligono nucleare ed aeronautico di Nellis, una vasta zona militare che comincia ad estendersi a circa 150 km da Las Vegas; essa è situata nel letto del lago prosciugato di Groom Lake, ed è conosciuta anche con altri nomignoli, come Dreamland, Watertown, The Rach e Skunkworks.

Questo vasto complesso militare cominciò la sua attività nel 1954, dividendo anche alcune basi sotterranee con la CIA fino al 1972. In effetti in questa famigerata base vengono fatti esperimenti. Proprio qui vennero progettati e realizzati alcuni ricognitori strategici (gli U-2 e SR-71 Blackbird), e dove (forse) si starebbe lavorando ad un nuovo ricognitore chiamato "Aurora" che arriverebbe a velocità straordinarie fino a Mach 6, e proprio tali progetti vennero anche coinvolti in leggende di carattere ufologico.

Raggiungere l'Area 51 non è impresa facile. Strade sterrate ed una posizione particolarmente nascosta, tanto da non renderla visibile a distanza (pensate che gli enti governativi, nel 1984, sequestrarono circa 89.600 acri di terreno pubblico attorno la base militare per limitare l'osservazione da parte di semplici curiosi...).

Le varie dicerie nacquero intorno agli anni '80. Proprio nel 1980 Dave Dobbs, giornalista ed ufologo di Cincinnati (Ohio), ricevette una lettera da un radiotecnico di nome Mike Hunt. Egli fu tra i primi che associarono le attività dell'Area 51 e gli UFO. Nelle sue testimonianze, Hunt sosteneva di aver lavorato laggiù nei primi anni '60 per conto della Commissione Atomica Statunitense, e di aver appreso che un UFO vi sarebbe stato trasportato dalla base aerea di Edwards, in California. Secondo le sue fonti il progetto era chiamato «Project Red Light» e avrebbe incluso lo studio della propulsione di almeno tre UFO catturati e di due alieni. Da lì in poi si susseguirono dichiarazioni più o meno valide di semplici appassionati che avrebbero scoperto dei segreti, e di militari pentiti che avrebbero resi noti di progetti dell'Area 51. La vera svolta ci fu però nel 1989 quando un certo Robert Scott Lazar, si presentò in una nota trasmissione televisiva americana e raccontò una serie di cose incredibili sulle reali attività dell'Area 51, dove avrebbe lavorato dal 1988.

Robert Scott Lazar fu ospitato l'11 e il 13 novembre 1989 nella trasmissione di George Knapp, della KLAS di Las Vegas, all'interno di un programma riguardante il fenomeno UFO. Lazar dichiarò di essere un fisico e aver lavorato nel complesso di Nellis, proprio lì sarebbe venuto a conoscenza di grossi segreti militari, ed era pronto a rivelarli a tutti. Lazar aveva collaborato nel 1982 nei Laboratori Nazionali di Fisica di Los Alamos, e asserì di aver lavorato tra il dicembre 1988 e l'aprile 1989 in una zona denominata S-4, 16 km più a sud della vera e propria Area 51. Lì sarebbe venuto a conoscenza di progetti talmente segreti che neanche il Presidente degli U.S.A. ne sarebbe stato al corrente.

Egli affermò che all'interno dell'Area 51 erano in corso progetti su velivoli a propulsione gravitazionale di origine aliena. Lì in un'atmosfera di pressanti controlli e intimidazioni il primo giorno ha dovuto leggere circa 120 documenti sugli UFO: nove astronavi erano cadute in mano alle autorità (non si sa come) ed alcune autopsie erano state eseguite sui cadaveri degli alieni provenienti dal quarto pianeta del sistema stellare binario Zeta Reticuli 2. Il suo compito era cercare di duplicare un reattore alieno il cui sistema propulsivo avrebbe permesso di manipolare lo spazio-tempo e di rendere invisibili i velivoli. Il 22 marzo 1989, Lazar, accompagnato da sua moglie, John Lear e Gene Hoff, riuscirono a filmare strane luci ellittiche compiere manovre strane sulle Groom Mountains. Nel tentativo di ripetere questa esperienza fu però beccato; dopo alcune minacce da parte dell'FBI fu cancellato tra i collaboratori dell'Area 51.

Uno dei problemi con Bob Lazar è che é sempre stato stranamente difficile reperire tracce del suo background di specializzazioni universitarie e di impieghi qualificati. Tuttavia, la dichiarazione dei redditi del 1989, che Lazar ha esibito, cita un lavoro retribuito, svolto quell'anno in Nevada per i servizi segreti della Marina. Il modello contiene anche il numero di identificazione di Lazar, comprensivo della sigla «MAJ», che il fisico sostiene di aver avuto quando lavorava ad S-4. L'ufologo Bill Moore, che avversa Lazar, ha avanzato però seri dubbi sull'autenticità di tale dichiarazione. D'altro canto, Lazar è una persona la cui credibilità si presta senz'altro ad essere discussa (non proprio uno stinco di santo, alcuni precedenti alle spalle).

Quelle che fino a quel momento erano leggende passate di bocca in bocca, ora erano arrivate un pò in tutto il mondo con la televisione. Il fenomeno UFO - Area 51 era ormai scoppiato. Il mito era nato e stava ormai dilagando, tanto che nel 1996 lo stato del Nevada ha ribattezzato la statale 375 (che corre lungo l'Area 51) "Extraterrestrial Highway"... cosa non si fa per attirare i turisti!

VAI A: 06:44 Triangolo delle Bermuda

Giovedì 13 settembre: in questo giorno, all'inizio della notte, gli aghi delle bussole si spostavano verso Nord Ovest, e alla mattina volgevano alquanto verso Nord Est( ... ). Sabato 15 Settembre: al cominciar della notte videro cader dal cielo una meravigliosa striscia di fuoco, a quattro o cinque leghe dai navigli ( ... ). Lunedì 17 settembre: i piloti fecero il punto, e riconobbero che le bussole non indicavano la giusta direzione; e i marinai se ne stavano timorosi e accorati, e non dicevano di che. L'Ammiraglio se ne accorse, ed ordinò ai piloti che allo spuntar del giorno tornassero a fare il punto, e, preso il Nord, trovarono che gli aghi erano buoni.

Questi incidenti di navigazione sono tratti dai giornali di bordo di Cristoforo Colombo, scritti mentre era in rotta per il Nuovo Mondo. In quei giorni le tre caravelle navigavano nel bel mezzo di un triangolo di mare delimitato a nord dalle attuali Bermuda, a ovest dall'isola di Grand Bahama e a sud da Portorico. Fu forse proprio allora, in quel lontano settembre 1492, che ebbe inizio la sinistra fama di quella zona ora nota come "Triangolo Maledetto" o Triangolo delle Bermuda”: un posto dove le bussole smettono di funzionare e "meravigliose strisce di fuoco" cadono dal cielo.

Ma la storia ha anche un secondo inizio, molto più recente. Alle ore 14 del 5 dicembre 1945 cinque aerei TBM Avengers della marina americana partirono dalla base di Fort Lauderdale (Florida) per un'esercitazione di tiro al bersaglio. La squadriglia puntò verso est, in direzione delle Bahamas, raggiunse il bersaglio, completò l'esercitazione e imboccò la strada del ritorno. O, almeno, credette di imboccarla. Alle 15 .15, infatti la torre di controllo di Fort Lauderdale ricevette un messaggio dal comandante, il tenente Charles Taylor. «Chiamo la torre. Emergenza. A quanto sembra siamo fuori rotta. Non riusciamo a vedere la terra ... » E ancora: «Non sappiamo la nostra posizione! Non sappiamo dove sia l'ovest ... Qui non funziona più niente ... Anche il mare non è dove dovrebbe essere!». La base di Fort Lauderdale ricevette qualche altro confuso messaggio: «Tutte le mie bussole sono guaste», «Non so dove ci troviamo», «Nessuna terra è in vista».

Le comunicazioni, sempre più disturbate e contraddittorie, continuarono fino alle 16 . Poi, più niente.

Un apparecchio di ricognizione fu inviato immediatamente sulla zona dove gli aerei avrebbero dovuto trovarsi. L'apparecchio inviò un messaggio a proposito dei venti che soffiavano con intensità al di sopra dei 1800 metri. Furono le ultime parole del suo comandante, il tenente Kane. Anche il volo di ricognizione interruppe ogni contatto con la base, senza alcuna apparente ragione. Trecentosette aeroplani, quattro cacciatorpedinieri, diciotto vedette della guardia costiera, centinaia di aerei e imbarcazioni private parteciparono alla più colossale ricerca della storia. Novecentottantacinque miglia quadrate di mare furono perlustrate palmo a palmo ma non fu rinvenuta nessuna traccia che potesse far pensare a un incidente. La commissione d'inchiesta che si occupò del caso non espresse un parere. Ascoltò cinquantasei testimonianze in quattordici giorni di udienze; esse vennero verbalizzate e il caso fu chiuso. Fu solo dopo questo incidente inesplicabile che si cominciò a collegare quel tratto di mare con altre sparizioni dall'apparenza inquietante avvenute in passato. Nel 1800 la U.S.S. Pickering sparì tra la Guadalupa e il Delaware; nel 1814 la U.S.S. Wasp scomparve nei Caraibi; e poi il Grampus, la Maria Celeste, l'Atlanta. Un'infinità di navi o inghiottite dal nulla oppure ritrovate, come la Rosalie, completamente vuote, abbandonate senza apparente ragione dall'intero equipaggio.

Dopo quel fatidico 5 dicembre, le sparizioni non accennavano a diminuire. Nel libro Without a Trace (Senza Traccia) Charles Berlitz, uno dei principali studiosi dell'argomento, elenca 143 tra navi e aerei "svaniti" in quella misteriosa zona di mare. Sempre Charles Berlitz, nel suo primo saggio sull'argomento The Bermuda Triangle (Il Triangolo delle Bermuda, 1974), elenca le "possibili" spiegazioni date da vari studiosi del fenomeno delle sparizioni. Eccone alcune delle più affascinanti: rapimenti da parte di UFO, la presenza di armi mai disattivate costruite da una civiltà precedente alla nostra; esperimenti militari condotti dal governo americano. Deformazioni spazio-temporali o addirittura magia nel senso tradizionale del termine. Il libro di Berlitz ottenne un ottimo successo e l'autore divenne d'improvviso celebre e ricco.

L’anno seguente, il 1975, uscì un nuovo libro, di Lawrence David Kusche, dal titolo: “Il Triangolo delle Bermuda: mistero svelato”. L' autore afferma che nessuna sparizione verificatasi nel "Triangolo" è più misteriosa di tante altre avvenute nel mare; con grande meticolosità, esamina gli "avvenimenti misteriosi" caso per caso, a partire da quello di Cristoforo Colombo, trovando delle spiegazioni "razionali". Fu Colombo stesso, per esempio, a dare una risposta allo strano comportamento notturno degli aghi della bussola. Nei suoi diari Colombo scrisse infatti: "e ciò fu perché non si muovono gli aghi, ma La Stella Polare". Per quanto riguarda la scomparsa degli Avenger, Kusche asserisce che era stata determinata da una serie di sfortunate coincidenze. I piloti erano allievi, non conoscevano ancora bene i loro apparecchi; secondo gli interrogatori della commissione d'inchiesta il loro comandante, il tenente Taylor, avrebbe chiesto di essere sostituito nella missione, probabilmente perché non stava bene.

Kusche ce la mette tutta a demolire le ipotesi fantasiose. Ricorda che nel mondo esistono altre zone "maledette" come il "Triangolo del Drago" in Giappone e che, statisticamente, le sparizioni che vi si registrano non sono più numerose di quelle che avvengono in altri tratti di mare pericolosi per cause naturali (correnti, venti, e altro).

VAI A: 13:28 L’isola di Pasqua

Quel mattino, il capitano Jakob Roggeveen, olandese, non credeva ai propri occhi. Da una piccola isola non segnata sulle carte decine di enormi teste di pietra sembravano osservarlo dalle loro orbite vuote. Era il giorno di Pasqua 1722.

Oggi il suo nome è Rapa Nui, "Grande Isola", ma tutti la conoscono come Isola di Pasqua.

Sperduta nell'Oceano Pacifico, a 3700 chilometri dalla costa del Cile, l'Isola di Pasqua nasconde, nei suoi 400 chilometri quadrati di superficie, un grande numero di misteri, e forse molti non sarebbero tali se, nel 1862, i trafficanti di schiavi peruviani non avessero deportato gran parte dei suoi già scarsissimi abitanti. Quando infatti si cominciò a studiare l'isola da un punto di vista antropologico e storico, la sua struttura sociale era completamente distrutta, e l'origine della sua scrittura, chiamata Rongo Rongo, dimenticata e mai decifrata, insieme a quella dei Moai, i grandi volti di pietra.

I giganteschi Moai sono infatti il simbolo ed il vero mistero dell'Isola di Pasqua. Enormi statue in pietra, dalla forma caratteristica e dall'altezza variabile, che non guardano verso il mare ma danno le spalle all'oceano. Tutti, tranne i sette che si trovano a Ahu Akivi. La loro leggenda viene tramandata dagli anziani e riporta all'origine della civiltà locale. Le sette statue raffigurerebbe i primi sette abitanti di Rapa Nui, mandati da Hotu Matua, il re di un'antica isola chiamata Hiva, a cercare una nuova terra prima dell'inabissamento della loro patria. I sette Moai guarderebbero proprio verso la loro antica patria, l'isola di Hiva, inghiottita dall'oceano. Ma i Moai sono quasi mille e resta l'incertezza sul loro vero significato. Anche in questo caso le ipotesi sono tante: c'è chi crede rappresentino alieni sbarcati sull'isola in tempi remoti e chi, più semplicemente, pensa raffigurano gli antichi antenati dell'isola, i cui spiriti dovevano continuare a vegliare su Rapa Nui. La cosiddetta "epoca dei Moai" doveva essere compresa tra il 1000 d.C. e il 1500 d.C.: cinque secoli per scolpire un migliaio di statue da uno a venti metri, tutte con lo stesso modello, gli occhi di corallo bianco e pomice e, in origine, un pesante copricapo detto pukao fatto con la roccia rossa della cava di Puna Pau. Il più grande, chiamato "El Gigante", è alto 21,6 metri e pesa oltre 150.000 chili, mentre il più piccolo è alto solo 1 metro e 13 centimetri.

Tutte le informazioni che ora possediamo sull'isola giungono da una tradizione ormai confusa e contraddittoria. Secondo gli isolani superstiti, nell'isola abitavano due differenti razze: le "Orecchie Lunghe" - Hanau Epe - che provenivano dall'est, e le "Orecchie Corte" - Hanau Momoko -, che venivano dall'ovest. Le Orecchie Corte erano sottoposte alle Orecchie Lunghe, finché, in una data situabile tra il 1680 e il 1774 , le Orecchie Corte si ribellarono, massacrarono le Orecchie Lunghe e abbatterono gran parte dei Moai.

Chi erano le Orecchie Lunghe e le Orecchie Corte? Con ogni probabilità provenivano da aree diverse del Pacifico e appartenevano a ceppi etnici differenti; ma perché si erano rifugiati proprio in quella piccola isola, e come mai erano rimasti così in pochi?

In realtà qualche enigma dell'isola di Pasqua è stato svelato: come si è ricordato nel congresso intitolato "Misteri risolti" che si è svolto a TORINO nel 1988, nel 1955 l'esploratore Thor Heyerdahl riuscì a mettere in piedi un Moai in diciotto giorni, con l'aiuto di dodici nativi e, come unici strumenti, tronchi e pietre. È dimostrato, dunque che anche la modesta tecnologia locale avrebbe potuto realizzare quelle opera imponenti.

È recentissima, invece, la scoperta della causa della scarsità della popolazione dell'isola. Studiando pollini fossili alcuni ricercatori hanno rilevato che, secoli addietro, essa offriva tutti i necessari mezzi di sussistenza; successivamente l'eccessivo sfruttamento dei campi, l'uso indiscriminato del legno delle foreste, i numerosi incendi appiccati durante le guerre locali ne hanno distrutto completamente l'equilibrio ecologico, riducendo alla fame i suoi abitanti.

VAI A: 18:16 Stonehenge

In una delle prime opere dedicate a Re Artù, la Vita Merlini (circa 1140) di Geoffrey di Monmouth, si parla di un complesso circolare composto da enormi pietre, la Chorea Gigantum ("Danza dei giganti") che si trovava in Africa, poi era stato portato in Irlanda da un popolo di statura straordinaria. Qui era stato sistemato sul "Monte Killarus", come monumento funebre per quattrocentosessanta nobili soldati di Aurelio Ambrosius uccisi dai Sassoni. Re Uther Pendragon aveva tentato di trasportarlo in Inghilterra, ma l'impresa si era rivelata superiore alle sue forze, così aveva dovuto rivolgersi al mago Merlino. Questi, con l'aiuto degli angeli, trasferì il monumento nella piana di Salisbury, dove esiste tuttora con il nome di Stonehenge.

Stonehenge è senza dubbio uno dei luoghi leggendari più conosciuti d'Europa. Il primo impatto è quantomeno deludente: la zona è circondata da una specie di fiera di paese, con venditori di souvenir, bibite e cartoline; ma basta riuscire a estraniarsi da quella confusione per trovarsi avvolti dal fascino misterioso che permea l'intero ambiente. Massi oblunghi simili a colonne spesso sormontati da architravi del peso di parecchie tonnellate si levano tutt'intorno distribuiti in cerchi concentrici; l'effetto generale è quello di una magica arena in cui non è difficile immaginare antichi sacerdoti Druidi intenti a misteriose evocazioni.

Dopo un'occhiata panoramica a 360 gradi, al visitatore non rimane che alzare gli occhi al cielo: è forse lì che si trova la risposta ai molti interrogativi sollevati dalla disposizione dei Megaliti. Abbandonata l'iniziale ipotesi che il complesso fosse una sorta di cattedrale elevata dai Druidi su un terreno "magico" e destinata ai sacrifici umani, la probabile funzione di Stonehenge è stata forse identificata all'inizio di questo secolo.

Gli studi dell'astronomo e scienziato Sir Norman Lockyer hanno portato alla datazione delle varie fasi del complesso. I Megaliti sono stati eretti attorno al 2800 a.c., parzialmente distrutti, risistemati nel 1560 a.c. e successivamente di nuovo abbattuti. Nel corso dei secoli, infatti, Stonehenge ha subito vari attacchi, non ultimo quello dei sacerdoti cristiani che vi vedevano una sorta di tempio del demonio. Gli archi che compongono i vari cerchi concentrici sono rivolti verso il Sole e le costellazioni. A che scopo? Per poter studiare gli spostamenti di questi astri - spiega Lockyer - in base alle ombre proiettate dalle pietre e a certi allineamenti tra il Sole e gli archi che si verificano in alcuni giorni dell'anno.

Secondo Gerald Hawkins, astronomo americano, Stonehenge altro non è che un gigantesco "computer di pietra", che consente di effettuare complicati calcoli sul sorgere e tramontare del Sole, sui movimenti della Luna e sulle eclissi. Ma da dove derivano le conoscenze, indubbiamente assai approfondite, che hanno permesso una simile realizzazione? Euan Mac Kie, direttore del museo di Glasgow, sostiene che esisteva una sorta di "scuola" nei dintorni di Durrington Walls ove i discepoli venivano iniziati ad antiche misteriose discipline. Quanto antiche? E chi era il loro iniziatore? Come al solito, la risposta è avvolta nel mistero.

VAI A: 21:56 Coral Castle

C’ era una volta un ragazzo di 26 anni dal nome Edward Leedskalnin, felicemente fidanzato con una ragazza di dieci anni più giovane di lui, Agnes Skuvst. Siamo a Riga, in Lettonia agli inizi del '900. Il matrimonio era già stabilito ma, all'ultimo minuto, lei fece un passo indietro. Allora lui decise che, per riconquistarla, avrebbe realizzato un'opera unica al mondo, una cosa che solo principi e sovrani avevano realizzato prima.

Le avrebbe costruito un castello, da solo e con le sue stesse mani. In questo modo, ne era sicuro, il cuore di lei sarebbe stato per sempre suo. Edward partì dalla Lettonia in cerca del posto più adatto per realizzare il suo sogno d'amore. Viaggiò in Europa, in Canada e negli Stati Uniti. Giunto in Florida, capì che aveva trovato il posto giusto. Anche perché in Florida scoprì un particolare tipo di pietra locale, chiamata "coral stone", la pietra d1 corallo. Leedskalnin costruì un edificio veramente imponente, basti pensare che i muri sono realizzati con pietre del peso di 6000 chili ciascuna.

Edward realizzò anche una fontana rappresentante le fasi lunari, i cui quarti pesano 18000 chili ciascuno. È c'è anche un obelisco alto 8 metri che pesa ben 28000 chili, oltre ad altri oggetti come un tavolo e una sedia a dondolo di roccia, del peso di 10000 chili. La pesantissima porta d'ingresso ruota grazie ad un meccanismo talmente preciso, che basta una piccola spinta per aprirla. Per la costruzione del castello occorreva tagliare, lavorare, spostare e mettere in opera gli enormi massi di "pietra corallo".

Come poté una persona sola, alta appena un metro e 50 centimetri e del peso di appena 50 chili, realizzare un'opera così imponente, resta un mistero.

Edward lavorava da mezzanotte all'alba, sempre di nascosto da sguardi indiscreti. Di fatto, molti testimoni hanno visto i blocchi muoversi lungo la Dixie Higway, ma nessuno in realtà, lo ha mai visto caricare,scaricare e lavorare gli enormi blocchi calcarei, tanto che si diceva fosse in grado di levitare gli oggetti tramite magnetismo; Teoria rafforzata dal fatto che l’artista scrisse e pubblicò alcuni manoscritti tra cui “Magnetic Current“, in cui riassume le sue teorie sull’elettromagnetismo e che contengono il diagramma di una macchina a moto perpetuo.

C'è una foto che lo ritrae a fianco di un argano composto da tre pali del telefono, sicuramente insufficienti per alzare e spostare pietre di quel peso. Ma in cima all'argano si vede una scatola. Nessuno sa con esattezza cosa contenesse, ma molti ritengono che proprio in quella scatola ci fosse la soluzione del mistero. Ad oggi sappiamo che, oltre all'argano, Edward usava alcuni strani oggetti: bottiglie avvolte da filo di rame e sintonizzatori radio, tutto materiale spesso comprato in depositi di rottami.

Ma Leedskalnin fece ben altro. Ad un certo punto, per motivi sconosciuti, decise che il luogo in cui aveva costruito il castello non era il più adatto. Cosa fece allora? Molto semplicemente lo spostò di poche miglia, da Florida City a Homestead. Inutile dire che, anche in questo caso, non rivelò mai a nessuno come vi riuscì.

Impiegò 28 anni per realizzare il suo sogno: dal 1923 fino alla morte dell’artista, il 7 novembre 1951.

Compiuti i 60 anni, Leedskalnin decise che era giunta l'ora di rivelare i suoi segreti. Sembra che il 7 novembre 1951 invitò alcuni amici al castello. Al loro arrivo trovarono un cartello che li pregava di attendere: Edward aveva deciso di recarsi al vicino Jackson Memoria! Hospital, per farsi controllare un lieve dolore. Sarebbe tornato di lì a poco, si trattava solo di un piccolo controllo medico. Ma quel piccolo dolore nascondeva un incurabile male. Leedskalnin non fece più ritorno al suo castello, portando con sé i segreti che custodiva.