La storia di Ettore Majorana è una storia incredibile e appassionante, per almeno due motivi.

Il primo è che Majorana era un giovane genio della scienza nell’italia degli anni ‘30, uno di quelli che arrivano a grandi scoperte, geni come Galileo e Newton, come disse lo stesso Enrico Fermi. Il secondo è che questo ragazzo, questo genio, a un certo punto scompare nel nulla.
Una sparizione misteriosa, che tuttora rimane senza una spiegazione, e proprio per questo fonte ancora oggi di storie, leggende e possibili soluzioni.

La sera del 25 marzo 1938, a 31 anni, Ettore Majorana partì da Napoli, ove risiedeva all'albergo "Bologna", con un piroscafo della Tirrenia alla volta di Palermo.
Il giorno stesso a Napoli, prima di partire, aveva appena imbucato una lettera diretta ad un professore, Antonio Carelli, il direttore dell'Istituto di Fisica di Napoli dove insegnava:

«Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi. Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto, particolarmente a Sciuti; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo.»

Poco prima Ettore Majorana aveva lasciato un'altra lettera nella stanza dell'albergo Bologna hotel in cui viveva quando insegnava all'Università di Napoli e diretta ai genitori. Sono poche righe soprattutto di raccomandazioni:

«Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all'uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi.»

Queste lettere sembrano inequivocabilmente riferirsi ad intenzioni suicide. Sembrerebbe infatti che Majorana volesse in qualche modo farla finita quella sera. Eppure il giorno dopo, il 26 marzo, il professor Carelli, che non ha ancora ricevuto la prima lettera, riceve uno strano telegramma da Palermo «Non allarmarti. Segue lettera. Majorana.»
Lo stesso giorno, sempre da Palermo, su carta intestata dell’albergo dove alloggiava a Palermo, fu scritta e spedita anche questa ultima lettera:

«Caro Carrelli, Spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all'albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all'insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli.»

Ma da quella lettera Majorana fa perdere definitivamente le sue tracce. Non lo vedono a Napoli, all’Hotel Bologna, né all’istituto di fisica, né i suoi genitori a Catania, in Sicilia, né gli amici a Roma o Napoli. Ettore Majorana è scomparso.

Dov’è finito Ettore Majorana?
Forse si è veramente suicidato.
Ma già al tempo in molti la pensavano diversamente.
Come lo stesso capo della polizia di allora, Arturo Bocchini.
Mussolini stesso aveva scritto sulla cartellina dell’indagine: “voglio che si trovi”.
“I morti si trovano, sono i vivi che possono scomparire!”, aveva aggiunto di suo pugno lo stesso Bocchini.

Si perchè prima di sparire Ettore Majorana fa un paio di cose strane che sembrano in contraddizione con quello che scrive. Ritira tutti i suoi soldi dalla banca, si fa pagare gli stipendi arretrati dell'Università e si mette in tasca il passaporto.

Se vogliamo però capire bene questa storia è importante fare un passo indietro e cominciare dall’inizio.

Ettore nasce nel 1906, in un contesto familiare di accademici e scienziati, come suo padre e i suoi zii. Dimostra la sua genialità già da bambino. Si racconta che quando aveva 5 anni, e non sapeva neppure leggere o scrivere, era in grado di moltiplicare insieme i numeri di tre cifre. Era un gioco per lui. I genitori gli chiedevano una moltiplicazione, lui si infilava sotto il tavolo e poco dopo usciva fuori e dava la soluzione. Terminati gli studi liceali Ettore si iscrive alla facoltà d'Ingegneria. Fra i suoi compagni di corso vi erano il fratello Luciano, Gastone Piqué, Emilio Segrè, Enrico Volterra. Poi, nel 1927, passa a fisica per seguire l’amico Emilio Segrè dopo aver conosciuto anche Enrico Fermi. Proprio sul primo loro incontro c’è un aneddoto curioso, che ci dice molto del carattere di Majorana, che qui ricorda il fisico Gian Carlo Wick, ai microfoni di Bruno Rossi per Rai3 nel 1990.

Quelli sono gli anni dei ragazzi di via Panisperna. Li hanno chiamati così perché è lì che si trovava il Regio Istituto di Fisica dell'Università di Roma frequentato allora da giovani e geniali ricercatori che lavoravano insieme sotto il coordinamento di Enrico Fermi, che poi nel 1938 diventerà premio Nobel per la fisica.

E’ proprio lì che si stanno gettando i presupposti della fisica nucleare, ma poi - siamo in pieno fascismo - arrivano le leggi razziali che impediscono agli ebrei di insegnare e frequentare l’Università. Lo stesso Enrico Fermi, come Segrè, si trovano quindi costretti ad andare negli Stati Uniti. Continueranno il loro lavoro all’interno del progetto Manhattan, che produrrà la bomba atomica americana.

Ettore Majorana è un genio e come tutti i geni è anche un tipo strano. è timido e taciturno, schivo e poco interessato ai riconoscimenti. Così lo descrive il Professor Giuseppe Mussardo intervistato dal fisico francese Etienne Klein nel 2016

Riesce ad arrivare per primo a tantissime scoperte, ma poi non le pubblica, non gli interessa. E’ come se per lui arrivare alla soluzione sia più importante della soluzione stessa. Ad esempio arriva prima di Heisenberg a capire che il nucleo dell'atomo è fatto da protoni e neutroni, ma non lo dice quasi a nessuno. E quando Heisenberg arriva alle stesse conclusioni e le pubblica, è sinceramente contento per lui.

E’ il gennaio 1933, Majorana va quindi in Germania, a Lipsia, e ci resta 6 mesi.
In questo periodo studia molto, con Heisenberg, e pubblica anche qualcosa.
In questo periodo dirà della fisica una strana frase, che si può prestare a molteplici interpretazioni: «La fisica è su una strada sbagliata. Siamo tutti su una strada sbagliata»
Quando torna dalla Germania Ettore è cambiato. Così lo ricorda ad esempio la sorella Maria

Per circa tre anni, dal 1934 al 1937, Majorana si chiude in casa a lavorare per ore senza uscire mai. Nessuno sa esattamente a cosa stia lavorando. Schivo ed elusivo molto più del solito. Poi, nel 1937, dopo aver rifiutato Cambridge, Yale e Carnegie Foundation, Ettore Majorana accetta la cattedra di professore di Fisica Teorica all'Università di Napoli, assegnata per chiara fama. È lì che conosce il direttore, Antonio Carrelli, Professore di Fisica sperimentale. Ed è proprio da Napoli, l’anno seguente, che si perdono le sue tracce.

E’ a questo punto che la storia di Ettore Majorana diventa leggenda.
Si è veramente suicidato? Dopotutto dopo il suo ritorno dalla Germania sembrava essere caduto in una profonda depressione. Sono anche gli anni di ascesa del fascismo, del nazismo, l’essere umano sta cadendo in un buio baratro. Gilberto Bernardini, fisico e collega di Majorana, ritiene che forse la causa sia legata anche al momento storico e alla sua grande sensibilità. Ecco una sua dichiarazione del 1990.

La testimonianza più significativa che avvalora l’ipotesi del suicidio è quella di Giuseppe Occhialini, allora giovane fisico che dopo aver studiato per molti anni all’estero, di ritorno in Italia, proprio nel 1937 era passato a trovare il Professor Carrelli. In quell’occasione ebbe modo di conoscere di persona Ettore Majorana. Tra i due ci fu un dialogo breve ma intenso e soprattutto molto enigmatico.

Alla fine anche la polizia di quegli anni si convince che Majorana si sia suicidato gettandosi dal piroscafo nel ritorno verso Napoli.
Eppure nascono anche altre voci che vogliono Majorana tornato in Germania, secondo alcuni forse anche rapito, per mettere le sue conoscenze al servizio del Terzo Reich. Ma questa sembra essere poco più di una voce, senza nessun tipo di riscontro.

Si fa strada però in maniera sempre più insistente l’ipotesi secondo cui abbia fatto perdere le sue tracce per vivere una seconda vita. Una delle possibilità più conosciute vuole che si sia ritirato in convento. Si dice che nei primi giorni di aprile Ettore Majorana si sia presentato in almeno due conventi, quello del Gesù Nuovo e un altro convento a Portici, chiedendo di fare un esperimento di vita religiosa. La descrizione del giovane che si presenta sembra essere quella di Majorana. Anche la famiglia prova a fare delle ricerche in questo senso, facendo addirittura un’interrogazione al Pontefice Pio XII, ma la cosa cade lì e non trova riscontro.

A riaprire in qualche modo il caso Majorana fu lo scrittore Leonardo Sciascia, che nel 1975 pubblicò un saggio dal titolo “La scomparsa di Majorana”, una vera e propria indagine sulla sua scomparsa, secondo cui si sarebbe rinchiuso nella Certosa di Serra San Bruno in Calabria, per sfuggire a tutto e a tutti. Pare che lo stesso Sciascia abbia affermato di averlo incontrato personalmente proprio lì almeno in un paio di occasioni. Forse per la depressione, forse spaventato dai risultati che la scienza e la fisica stavano per raggiungere. Secondo qualcuno Majorana avrebbe già previsto con anni di anticipo lo sviluppo della bomba nucleare e il suo imminente utilizzo. Forse all'inizio si voleva davvero suicidare ma poi ha cambiato idea oppure ha fatto finta proprio perché non lo cercassero.

E se avesse inscenato il suo suicidio per coprire la sua fuga verso il Sud America, in particolare in Argentina? A proporre questa ipotesi è stato il fisico e accademico Erasmo Recami, autore di un libro su Majorana e uno dei più grandi esperti dello scienziato.

A 70 anni dalla scomparsa di Majorana questa ipotesi si concretizza quando nel 2008 alla nota trasmissione Chi l’ha visto telefona Francesco Fasani, un italiano emigrato in Venezuela a metà degli anni cinquanta. Fasani si disse convinto di aver frequentato a lungo Majorana, anche se questi non gli avrebbe mai rivelato la propria identità, ma si sarebbe presentato come il Sig. Bini. C’è anche una foto che li ritrae insieme, una foto che è stata anche analizzata dalla magistratura italiana e che dimostrerebbe che il sig. Bini possa effettivamente essere stato il fisico scomparso. I giornalisti Andrea Sceresini, Giuseppe Borello e Lorenzo Giroffi hanno approfondito nel 2016 questa ipotesi nel loro libro La seconda vita di Majorana, traendone anche un interessante documentario andato in onda su Rai Storia. Proprio da questo è tratta questa ulteriore testimonianza di Erasmo Recami, che in tanti anni dedicati a questo mistero ha raccolto numerose testimonianze che vogliono Majorana nell’Argentina degli anni ‘50.

Per molti questa storia ha posto la parola fine sul mistero della scomparsa di Majorana. Sarebbe quindi arrivato in Argentina e in un secondo momento si sarebbe trasferito a Valencia, in Venezuela, facendosi chiamare Sig. Bini. Ma anche qui le sue tracce a un certo punto si perdono.

Oppure Majorana era quel barbone che girava a Mazara del Vallo agli inizi degli anni Settanta che somigliava a Majorana e parlava proprio con un genio della fisica. Si chiamava Tommaso Lipari, detto l’uomo-cane. Si dice che avesse una cicatrice sulla mano destra, proprio come lui, e che usasse un bastone con su incisa la data del 5 agosto 1906, la data di nascita di Majorana.

Le ipotesi sulla scomparsa di Ettore Majorana sono tante e sono tutte così affascinanti da risultare allo stesso modo credibili e incredibili allo stesso tempo. Forse la storia di Majorana è un pò come le particelle quantistiche che non vivono in un solo stato ma in una sovrapposizione di stati. FInché non riusciamo ad osservarle è come se stessero contemporaneamente in tutte le posizione possibili.