Quando si accostano i termini leggende metropolitane e animali il primo pensiero va subito alla famosissima voce, che circolava in particolare nella città di New York, secondo cui nei sotterranei della città vivessero indisturbate colonie di alligatori, pronti ad uscire dai tombini o ancor peggio dal gabinetti, per azzannare il malcapitato di turno. Ovviamente non è così, ma è curioso ricordare che le cronache dei giornali, soprattutto d’inizio Novecento, testimoniano del ritrovamento di un certo numero di coccodrilli per le strade della città, fatti veri che hanno alimentato una produzione leggendaria.

VAI A: 01:12 Il cagnolino messicano

Una signora americana era andata a Tijuana, in Messico. Come è noto a tutti quelli che sono stati in questa cittadina di confine, le strade dove si trovano i negozi sono piene di cani senza padrone. La donna si è impietosita per un piccolo randagio e gli ha dato qualche resto del suo pranzo. Il cagnolino allora l’ha seguita per tutto il pomeriggio e quando è giunto il momento di rientrare lei si era così affezionata a questo piccolo amico che non sopportava l’idea di lasciarlo lì. Sapendo che è illegale portare un cane attraverso il confine., la donna lo ha nascosto sotto alcuni pacchi sul sedile della macchina ed è riuscita a passare la frontiera senza essere scoperta. Dopo essere arrivata a casa, ha fatto un bagno al cane, lo ha spazzolato bene e quando è andata a dormire, il piccolo trovatello si è acciambellato ai piedi del letto. Quando la mattina dopo la donna si è svegliata, ha notato che c’era del muco intorno agli occhi del cane, e un po’ di bava alla bocca. Nel timore che il cane potesse essere malato, la signora lo ha portato di corsa da un veterinario poco distante ed è tornata a casa in attesa di sapere qualcosa sulle sue condizioni. Poco dopo è arrivata la telefonata del veterinario: “Ho una domanda da farle: dove ha preso questo cane?”. La donna non voleva mettersi nei guai, così ha risposto al veterinario che lo aveva trovato vicino a casa sua,. Ma il veterinario non le ha creduto: “Lei non ha trovato questo cane qui. Dove lo ha preso?”. Con un certo nervosismo la donna ha ammesso di avere portato il cane attraverso il confine, da Tijuana: “Ma mi dica, dottore, cosa c’è che non va, con il mio cane?”. La risposta del veterinario è stata breve ed essenziale: “Prima di tutto non è un cane, ma un topo di fogna messicano. E in secondo luogo, sta morendo”.

La storia è spesso soggetta a varianti. Talvolta il cagnolino viene trovato ad Acapulco (in riva all’oceano), o su una stradina asfaltata di un piccolo paese. L’animale viene poi di solito tenuto nella camera dell’albergo per il resto della vacanza e in parecchie versioni si parla specificatamente di un chihuahua o di un cagnolino messicano a pelo raso. Di ritorno a casa, in parecchie versioni, il cagnolino viene trovato annegato nella tazza del gabinetto, e poi il corpo viene portato dal veterinario nel tentativo di capire il perché; secondo altri racconti il cagnolino messicano ha uno scontro con altri due animali e poi tutti e tre vengono portati dal veterinario. Oltre all’ampia diffusione della storia in versioni poco differenti e non verificabili, Il cagnolino messicano presenta altre caratteristiche tipiche della moderna leggenda metropolitana: parla di un contrattempo avvenuto nel corso di una vacanza in Messico, cita una fogna, come nella ben più famosa storia degli alligatori albini sotto le fogne di New York, e descrive il contatto con un topo, animale simbolo di sporcizia e, in particolare, di orrore per le donne. Infine, è da rilevare il ruolo del veterinario, figura strettamente collegata alla modernità.

L’elemento fondamentale della storia è il timore verso l’esotico, che per traslato è il misterioso, e la punizione che deriva dall’agire incauto nei confronti di questo. La donna ha agito in modo irresponsabile nei confronti della legge e della morale, e per questo ha attratto a se un elemento di orrore: un topo di fogna. A seconda di chi riferisce la leggenda, la località di provenienza del “cucciolo” varia. Da non meglio precisate isole tropicali ai Carabi, dalle Hawaii alle Filippine, a Bangkok dove quello che era stato scambiato per un bassotto si rivela essere un terribile topo tailandese. La storia procede sempre secondo il canovaccio classico.

Fin qui abbiamo riportato la versione soprattutto diffusa negli stati Uniti. Vediamo però come questa leggenda si è adattata in Europa.

È a partire dal 1986 che anche in tutta la Francia si racconta la storia del cagnolino portato a casa dalla solita giovane coppia dopo una vacanza in Africa occidentale, Senegal o Isole di Capo Verde. La leggenda- secondo Véronique Campion-Vincent – suggerisce una equivalenza metaforica tra l’immigrato e la bestia che ha ingannevolmente nascosto, allo stesso tempo, la sua aggressività (che si rivela solo dopo il suo ingresso nel nuovo territorio) e il suo stato di salute (in alcuni casi infetto, comunque pericoloso). Questo accostamento è ancora più netto nella versione americana. Gli Stati Uniti considerano il Messico come una nazione sottosviluppata, un luogo esotico, intriso di pericoli e povertà.

Da noi la leggenda è stata lanciata nell’agosto del 1985 da Elisabetta Besussi sulla pagina milanese de La Repubblica. L’articolo riferiva di una storia che stava facendo il giro di Milano. L’incredibile avventura era capitata a una coppia di amici che, recatisi in vacanza nelle Filippine, un giorno hanno incontrato lungo la strada un simpatico cagnolino. Era tanto amichevole e affettuoso che i due si affezionarono e decisero di nasconderlo in una borsa e portarlo a casa, a Milano. Segue l’invito a cena a casa di amici e la “scomparsa” del gatto di questi. Spaventati, i proprietari si precipitano da un veterinario che appena visto il cucciolo lo identifica come un topo molto pericoloso che può trasmettere terribili malattie. Il veterinario abbatte immediatamente l’animale, e invita i proprietari a osservare una quarantena, a scanso di pericoli.

Come si può notare, si tratta della versione classica, già completa di tutti i particolari. Ma sul finire di agosto si fa vivo con La Repubblica, un giornalista, Daniele Soragni, di Sorrisi e CanzoniTV, che dichiara di essere l’autore della storia, insieme a Paolo Bonanni, redattore di un quotidiano milanese. Cesare Bermani, nel corso della sua indagine sulle leggende metropolitane, riuscì a contattare Paolo Bonanni che gli confermò la notizia. Può darsi che Soragni e Bonanni si ritengano gli inventori della storia, ma questa può essere stata solo importata dagli Stati Uniti, come dimostrano le affermazioni e ricerche di Brunvand.

In conclusione, segnalo anche l’interpretazione in chiave psicoanalitica fornita da Cesare Bermani. Le ragioni inconsce della larga diffusione della leggenda andrebbero ricercate in una serie di tematiche.

Vi è l’angoscia – scrive Bermani – per quanto è straniero; vi è il terrore per il topo/pene “alieno”, vissuto come portatore di tutte le malattie del mondo; vi è poi la polivalenza simbolica del topo sozzo e vorace che è un bambino divorante o fallico/anale, ma qualche volta è anche pene divenuto aggressivo e preoccupante o che è fantasticato come divorante la madre nel rapporto sessuale tra i genitori. La leggenda ben si presta a plasmarsi per esprimere questo o quello dei vari fantasmi familiari e di coppia.

VAI A: 06:20 Il cane nel forno a microonde

La leggenda del cane nel forno a microonde, è in effetti una leggenda dalla tonalità macabra (sempre di morte si parla), ma spesso raccontata quasi come barzelletta.

La storia riguarda un’anziana signora cui viene regalato un forno a microonde: la donna decide di lavare il suo cane e per asciugarlo, lo mette nel forno.

Storie come queste nascono come incomprensioni rispetto alle nuove tecnologie. Ecco quindi l’accostamento tra una signora anziana e un forno a microonde nuovo, moderno. Secondo lo stereotipo della persona anziana, questa non riesce a comprendere e ad adattarsi alle nuove tecnologie. È da questa idea di fondo che nascono leggende di questo tipo.

VAI A: 07:08 Il coniglio resuscitato

Tutto comincia in un condominio. Al piano terra, con giardino, vivono due anziani coniugi. Un bel giorno arriva una coppia più giovane che si stabilisce al quarto piano. Si sa come vanno queste cose: una parola tira l'altra, e tra le due famigliole nasce una buona amicizia. Entrambe non hanno figli, ma qualcosa di più: i coniugi del quarto sono fieri del loro cane. Gli altri due possiedono invece uno splendido coniglietto dal pelo lungo, sempre perfettamente pettinato e infiocchettato. Vive in giardino, nel quale si muove liberamente. Un sabato mattina, la coppia del quarto piano sta caricando l'auto per il fine settimana. Le persiane del piano terra sono abbassate: devono essere partiti anche loro. Ad un tratto esce dal giardinetto il cane, tenendo delicatamente in bocca un fagottino bianco sporco di terriccio: il coniglio dei vicini, morto. Emergenza. Lei sale di corsa a casa, lava la povera bestiola, ne asciuga il pelo col phon (il vero protagonista di questa storia: compare in tutte le versioni, che sono centinaia). Poi, col marito, lo infila nella gabbia. Per fortuna, sembra che nessuno li abbia visti, e così partono tranquilli. Il lunedì mattina, ritorno in città, trovano davanti al giardinetto dei vicini un sacco di gente. I due cercano di guadagnare il portone, ma vengono intercettati. "E' successa una cosa incredibile. Venerdì pomeriggio, mentre stavamo per andar via, ci siamo accorti che il nostro Foggy era morto. Potete immaginare il dolore. Ma siamo voluti andar via lo stesso, per non deprimerci ancora di più. Così, prima di partire lo abbiamo sotterrato in giardino, in quell’angolo là. Stamattina siamo rientrati, e…è pazzesco. Lui era là, nella sua gabbia. Come se ci aspettasse."

Questa è una delle tante leggende divertenti, sul quale sarebbe inutile indagare sulle fonti, i motivi da cui nasce, e le tematiche che intende affrontare.

VAI A: 09:07 Il ragno nell’acconciatura

Negli anni’50-’60 andavano di moda certe buffe pettinature, gli “alveari”. Si faceva a gara per vedere chi si acconciava i capelli più in alto e chi si spruzzava più lacca. La mia parrucchiera mi ha raccontato questa vicenda, giurandomi che è capitata veramente ad una amica di sua nipote. Questa ragazza si era fissata i capelli così in alto e spruzzata così tanta lacca che non li scioglieva mai, non li pettinava mai, e non li lavava mai. Un giorno, sulla strada per scuola, i suoi capelli sfiorarono una ragnatela. Alcune settimane dopo, durante una lezione di biologia, iniziò a perder sangue dalla testa. Poco dopo svenne, e fu condotta all’ospedale. Morì nel tragitto. Una colonia di ragnetti le aveva divorato il cervello!

La leggenda, nota soprattutto negli Stati Uniti, muove dal costante timore e diffidenza nei confronti delle mode, soprattutto da parte dei più anziani verso i più giovani. L’acconciatura ad alveare, storicamente esistita e tipica dei giovani degli anni ’50, era vista con disprezzo e diffidenza da parte dei più anziani, e la voce in questione è ovvio che nasca come monito ai giovani di non seguire la suddetta moda. Ancora una volta vediamo come la leggenda metropolitana nasca spesso come deterrente verso comportamenti sociali giudicati “sconvenienti”.

VAI A: 10:30 Il cane suicida

Questa leggenda è famosissima, ripresa innumerevoli volte anche nel mondo della televisione e nel cinema come gag divertente. La versione più comune tratta di un ragazzo che si reca a casa di una ragazza, conosciuta da poco, per un appuntamento.

Fu così che il tipo si reca all’indirizzo, scoprendo con stupore che la ragazza abita in un grattacielo. La ragazza gli apre la porta e lo fa accomodare, chiedendogli di aspettare che lei finisca di prepararsi. Lei aveva un cane, un cucciolo molto vivace che amava giocare a palla. Così il tipo, convinto che lo potesse aiutare a fare bella figura con la padrona, comincia a giocare a palla con il cane. Lui la lancia, il cane salta per prenderla. Se non che un lancio va a finire molto vicino alla finestra. Il cucciolo salta per prenderla ma… cade di sotto!

Quasi sempre l’incidente capita ad un ragazzo che tenta di far bella figura con la padroncina del cane in questione. Nelle varianti degli Stati Uniti, la donna abita quasi sempre in un grattacielo, mentre nelle versioni in Europa, dove non ci sono così tanti grattacieli, si tratta di palazzi particolarmente alti. Il tema di fondo di questa storia è il contrasto che si genera quando cerchiamo di dare una bella immagine di noi stessi ma facciamo altro che cadere in gaffes e brutte figure. Soprattutto quando siamo in presenza di una bella donna.

VAI A: 11:53 La pulce nell’orecchio

C’era una signora che stava tranquillamente prendendo il sole in spiaggia, quando sentì all’improvviso, una fitta e un rumore fastidioso all’orecchio. Per un attimo ha l’impressione che qualcosa sia successo, ma poi non avverte più nulla e ritorna a godersi il sole in tranquillità. Dopo qualche tempo avverte un fastidioso dolore proprio all’orecchio, e decide di farsi visitare da un medico. Il medico rileva la presenza di una pulce; dice alla signora però che è troppo in profondità e che è impossibile estrarla, e converrebbe aspettare che esca da sola. Di fatto l’insetto esce, e la signora lo al medico per analizzarlo. “Posso stare tranquilla, a questo punto”, esordisce la signora. “Non credo – la interrompe il medico – l’insetto è una femmina, e quasi certamente avrà deposto delle uova…..

Questa storiella è famosa un po’ ovunque, e proprio per questo ha subito nel corso del tempo una serie di varianti. A cominciare dall’insetto. A volte è una forbicetta, altre una pulce, una mosca o una zanzara. L’espressione proverbiale “mettere la pulce nell’orecchio”, si basa proprio sulla credenza che ci siano in effetti insetti che hanno l’abitudine di introdursi nelle orecchie della gente.

Sono però riuscito personalmente a sfatare questa leggenda. Alcuni anni fa mi è entrata una zanzara in un orecchio e non voleva saperne di uscire, nei miei tentativi di farla uscire, l’avevo spinta troppo internamente nel condotto dell’orecchio. Ero terrorizzato, sia perché vi assicuro è stata una sensazione veramente sgradevole, sia perché non facevo altro che pensare a questa leggenda. Mi recai di corsa al Pronto Soccorso. Quando spiegai loro ciò che mi era successo mi risero in faccia. In ogni caso mi fecero un lavaggio all’orecchio e la zanzara uscì fuori. A pericolo scampato, raccontai ai dottori la leggenda di sopra, e mi spiegarono che è praticamente impossibile che un insetto riesca, dall’orecchio, a raggiungere gli organi interni la scatola cranica. Ancora i miei amici ridono quando gli racconto questa mia esperienza, ma per chi fosse scettico vi dico che ancora conservo gelosamente il referto medico di quella sera!

VAI A: 14:00 Il dobermann soffocato

Una donna è tornata a casa dopo aver fatto spese, carica di pacchetti, e ha trovato il suo dobermann steso sull’ingresso boccheggiante e semisoffocato. Dopo aver lasciato cadere i pacchetti e aver cercato inutilmente di farlo di nuovo respirare, la donna ha caricato in fretta e furia il cane sulla macchina e lo ha portato dal veterinario. Il medico ha dato un’occhiata al cane e ha detto che probabilmente avrebbe dovuto operarlo per eliminare quello che bloccava le sue vie respiratorio, consigliando alla signora di tornarsene a casa. Appena arrivata a casa, la signora riceve la telefonata del medico: “Ora mi ascolti bene – con tono deciso – riagganci il telefono, e corra fuori da casa sua. Vada dai vicini e aspetti lì la polizia”. La donna, spaventata, seguì le parole del medico. Il veterinario aveva trovato due dita ficcate nella gola del cane e aveva immaginato che qualcuno avesse cercato di penetrare nella casa della donna durante la sua assenza, quando il dobermann lo aveva attaccato. Forse il ladro era ancora lì.
E infatti lo era, in stato di shock, rannicchiato e sanguinante in un ripostiglio della camera da letto.

La vicenda che sta alla base di questa leggenda è giù presente in altre leggende (come quella dell’assassino sul sedile posteriore). Ciò che rende la storia convincente è innanzitutto il fatto che il dobermann si ritenuto un cane feroce e imprevedibile, sebbene non si capisca perché nella storia si concentri sulle dita anziché sui vestiti dell’intruso. Le varianti riguardano le parti staccate a morsi dal cane (due dita, più dita, una mano intera…) e il nascondiglio dove viene trovato l’intruso (la cantina, la soffitta, un ripostiglio degli attrezzi). A volte c’è una traccia di sangue che porta fino al suo nascondiglio. Altre volte riesce a fuggire, ma la polizia lo rintraccia presso un pronto soccorso.

Una particolare variante fa prendere alla storia una piega diversa. In sostanza è un marito che, rientrando in un orario imprevisto a casa, trova il cane in camera da letto con la moglie presente. Vede il cane che abbaia e che tiene in bocca qualcosa di insanguinato. Alcune tracce di sangue portano l’uomo a guardare sotto il letto, dove trova l’amante della donna, aggredito dal cane durante un loro amplesso adulterino.

VAI A: 15:57 La famosa invasione delle vipere volanti

Questa storia, tutta italiana, è stata raccolta e approfondita molti anni fa da già citato Paolo Toselli, che scrisse proprio un libro omonimo, dedicato alle leggende metropolitane italiane, nel 1994.

Sono in vacanza a Monasterolo Casotto. paesino del Monregalese in provincia di Cuneo. Mi è stato detto che in questi giorni sono state gettate dall'alto delle vipere al fine di impedirne l'estinzione, nei boschi delle colline sovrastanti Torre Mondovi Soprana e altrove. Vorrei sapere se è vero e perché

Questo il contenuto di una lettera inviata da una lettrice e pubblicata da La Stampa il 6 settembre 1993.

Vipere dal cielo? Anche in quell’'anno, puntuale come sempre. ecco riaffacciarsi la storia delle vipere piovute dal cielo. Se ne parla nel Cuneese, per l'appunto, ma anche in Val di Susa, in provincia di Novara, nel Parco del Ticino, sui colli Berici, un po' ovunque. La convinzione - diffusa per lo più nelle aree rurali tra contadini e cacciatori, ma ripresa diverse volte anche dalla stampa nazionale - riguarda l'attuazione, nelle nostre campagne e valli montane, di lanci di vipere con aerei o elicotteri da parte di non meglio identificati "amici della natura" o ecologisti. L'intento, secondo una delle tante versioni che circolano, sarebbe di nutrire, tramite un così insolito ripopolamento, i rapaci locali per evitarne l'estinzione.

Le voci che circolavano in quegli anni in Val di Susa, nei paesi ai confini con la Francia. erano allarmanti. 'Pare che un bimotore -telefonò una signora al Comune di Cesana- ne abbia scaricate nella notte duemila: fate qualcosa". Altri giuravano che erano "minimo minimo cinquemila". Racchiuse dentro ovuli che si aprirebbero al contatto con il terreno, agganciate niente meno che a piccoli paracadute. Un veloce accertamento, e delle vipere neanche l'ombra.

Eppure, malgrado le oggettive difficoltà tecniche ed economiche, l'inutilità di una simile operazione e l'assenza di prove concrete, la leggenda dei "lanciatori di vipere" fu alla fine degli anni ‘90 un argomento di discussione molto popolare.

Di fatto, proprio di questa leggenda si tratta. Le prime voci di questo genere iniziarono a diffondersi in Francia già nella metà degli anni settanta. Allora, dei lanci organizzati vennero accusati i laboratori farmaceutici produttori del siero antivipera onde favorire il ripopolamento e procurarsi la materia prima. Poi negli anni ottanta la storia iniziò a circolare in Svizzera e un po' in tutta Italia. rimanendo però relegata nelle zone a ridosso dei monti. Oggi la sua diffusione si è espansa a macchia d'olio, raggiungendo anche numerose aree collinari.

In realtà, la storia - che difficilmente è mai stata diffusa ad hoc - si rifà a paure ancestrali (la vipera è pericolo per antonomasia) e a più recenti conflitti di ruolo (gli ecologisti, i contadini, i cacciatori). Queste sono le basi che forniscono credibilità alla leggenda e l'hanno resa così diffusa. E a nessuno viene in mente di raffrontare la comodità ed il costo del noleggio di un semplice furgone a quello di un'ora di elicottero. E poi, forse si crede che le vipere lanciate dall'alto rimbalzino? Non si immagina che, come qualsiasi altro animale, esse muoiano precipitando al suolo?

VAI A: 19:11 Pantere nere in città

Riporto questa storia nell’analisi e nella ricerca fatta da Andrea Ferrero nel 2006 e pubblicata sul sito del Cicap.

Il 24 dicembre 2005 una pantera nera fu avvistata alla periferia di Torino. Nella notte tra il 27 e il 28 dicembre sono scattate le ricerche, con la variegata partecipazione di guardie faunistiche, carabinieri, vigili del fuoco, guardie forestali e vigili urbani, armati di videocamere a raggi infrarossi, ma anche proiettili soporiferi e fucili da cinghiale. Nessuna traccia della presunta pantera è stata trovata.

Inizialmente è circolata la voce che la pantera fosse scappata dal Circo di Mosca che in quel periodo teneva i suoi spettacoli dal parco torinese della Pellerina, ma la direzione del circo smentì. Un allarme analogo si era diffuso a Pino Torinese tra il 1999 e il 2000: anche allora si mobilitarono forze dell'ordine e cacciatori della domenica, il sindaco proibì con un'ordinanza di fare picnic nei boschi, mentre i veri esperti come l'etologo Giorgio Celli rimanevano scettici. Vi furono numerosi avvistamenti, l'ultimo dei quali al confine tra le province di Torino e Cuneo, ma il felino non venne mai trovato. Anche se le pantere nere sembrano particolarmente affezionate a Torino, non disdegnano le altre città. Una delle più famose pantere italiane fu quella avvistata nei pressi del raccordo anulare di Roma nel 1989: alla battuta di caccia parteciparono anche i domatori del circo Orfei, senza esito. La pantera di Roma fu così famosa che l'anno successivo il movimento studentesco universitario che da Roma si diffuse in tutta Italia decise di chiamarsi proprio "la Pantera".

Altre pantere (o forse la stessa) furono segnalate negli anni successivi in Toscana, Liguria e Lombardia. In nessun caso il felino fu ritrovato. La dinamica di diffusione di tali voci è stata anche oggetto di un'analisi presentata al convegno sulle leggende metropolitane organizzato dal CICAP a Torino nel 2004 e raccolta nel libro "Le nuove leggende metropolitane", di Paolo Toselli e Stefano Bagnasco.

Il fenomeno non è solo italiano, comunque. In Gran Bretagna esiste perfino un gruppo di ricerca sui grossi felini (il Big Cat Research Group) che sul modello dei centri ufologici raccoglie e studia le testimonianze degli avvistamenti di grossi felini. Il gruppo riceve numerose segnalazioni al giorno (per qualche ragione, soprattutto dallo Yorkshire): nelle loro parole

con la quantità di testimonianze che abbiamo, sembrerebbe che ci siano più leopardi qui che in tutta l'Africa» ma pochi risultati concreti.

Tra i loro obiettivi c'è quello di raccogliere prove fotografiche o video inconfutabili dell'esistenza di tali animali: fino ad ora non è stato raggiunto.

Il fatto che vengano avvistate quasi sempre pantere nere, anziché altri animali, o almeno felini di altri colori, meriterebbe un'analisi psicanalitica e ha un precedente letterario illustre: lo stupendo romanzo di Cornell Woolrich "L'alibi nero" dal quale il regista Jacques Tourner trasse il film "L'uomo leopardo": in quel caso la pantera esisteva veramente, anche se… meglio non rovinare la sorpresa a chi volesse leggere il libro.

Per quanto possa accadere che grandi felini fuggano da circhi o zoo e quindi vaghino effettivamente per le città , nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di falsi allarmi: il rapporto tra avvistamenti e casi noti di grandi felini abbandonati è dell'ordine di mille a uno, secondo il Big Cat Research Group. Il grande numero di false segnalazioni non deve stupire: come sanno bene gli esperti di ufologia, è molto difficile valutare le dimensioni di un animale (o di un oggetto qualsiasi) in movimento a distanza, particolarmente se non ci sono punti di riferimento. A questo vanno aggiunte le segnalazioni sbagliate di proposito (per scherzo o per pubblicità - c'è anche chi è riuscito a guadagnarsi una certa fama come cacciatore di pantere) e il fatto che la maggior parte degli allarmi-pantera avviene durante le vacanze estive o invernali, quando i giornali sono a corto di notizie.

Infine, le voci di animali feroci che si aggirano di notte presso le case mettendo in pericolo animali e persone servono a dare un volto a paure antiche, tant'è che parlare di leggenda metropolitana è impreciso: voci simili, infatti, si ritrovano nel folklore contadino da sempre e c'è da scommettere che quella di Collegno non sarà l'ultima.