Quando si parla di Leonardo è facile iniziare a fantasticare.
Il suo genio è insuperato, e la Gioconda è da tutti ritenuta il suo capolavoro, anche perché è una delle poche opere che è effettivamente riuscito a portare a termine.
Un dipinto enigmatico, che a distanza di secoli ancora in molti cercano di decifrare.
Sulla Gioconda non abbiamo informazioni precise. Il primo che ne ha parlato fu Giorgio Vasari, vissuto a metà del ‘500, nella sua opera più famosa: “Le vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori”.
Fu lui per primo a tracciare le origini del dipinto, scrivendo che il quadro era stato commissionato da un mercante, Francesco del Giocondo, ch e voleva ritrarre la moglie, Lisa Gherardini.
Ecco perché il ritratto è conosciuto come Monna - ovvero Signora - Lisa, o “Gioconda”.
Ripercorrendo la vita di Leonardo suona strano però che abbia accettato di fare un quadro per un mercante, lui che si negava anche a molte delle figure potenti del suo tempo.
E poi avrebbe dovuto ritrarre una ragazza di 15 anni, ma la Monna Lisa che vediamo al Louvre è visibilmente più grande. Il Vasari inoltre elogia alcuni dettagli del dipinto, come ad esempio la maestria con la quale sono dipinte le sopracciglia, ma la Gioconda che conosciamo non ha le sopracciglia.
Sono molte le incongruenze e, nei secoli, si sono alimentate tantissime teorie per spiegarle.
Come tutti sanno il dipinto si trova al Museo del Louvre di Parigi, ed è opinione comune che sia finito in Francia in seguito ai saccheggi delle opere d’arte italiane da parte di Napoleone Bonaparte.
In realtà fu Leonardo stesso a portarlo in Francia, quando si spostò lì nel 1517 da Roma per essere accolto alla corte di Francesco I.
Leonardo morirà proprio in Francia due anni dopo. Non si sa di preciso se Francesco I acquistò il dipinto o fu un dono dello stesso Leonardo. In ogni caso la storia ci dice che la Gioconda è legittimamente in Francia.
Alla base di questo pregiudizio c’è anche il movente del celebre furto della Gioconda avvenuto nel 1911 ad opera di un italiano, Vincenzo Peruggia.
Vincenzo Peruggia era un emigrato italiano che lavorava proprio al Louvre, per una ditta di manutenzione. Al tempo gli emigrati italiani non erano ben accetti, ed erano frequentemente denigrati, e lui non riusciva ad accettare che la Gioconda, il celebre dipinto del più grande genio italiano, fosse lì, in Francia, proprio sotto il suo naso.
Decise che quell’opera doveva ritornare a tutti i costi in Italia.
Dopo essersi nascosto per una notte all’interno del museo, approfittò della tipica chiusura del lunedì per mettere in atto il suo piano.
Indisturbato si diresse quindi nella sala, staccò il quadro dalla parete, tolse il vetro, la cornice, e semplicemente uscì dal Museo con il dipinto sotto al cappotto.
Peruggia sottrasse al pubblico la Gioconda per ben due anni, portandola con sé nel suo paese di origine, con l‘obiettivo di regalarlo all’Italia.
Ingenuamente, nel 1913 si recò a Firenze per rivendere l'opera. Si rivolse all'antiquario fiorentino Alfredo Geri, che ricevette una lettera firmata "Leonardo" in cui era scritto: «Il quadro è nelle mie mani, appartiene all'Italia perché Leonardo è italiano» con una proposta di restituzione a fronte di un riscatto di 500 000 lire «per le spese».
Incuriosito l'antiquario fissò un appuntamento insieme all'allora direttore degli Uffizi. I due si accorsero subito che l'opera non era uno dei tanti falsi in circolazione, ma l'originale e se la fecero consegnare per verificarne l'autenticità. Nell'attesa Peruggia se ne andò a spasso per la città, ma fu presto arrestato, dovendo scontare poi diversi mesi di carcere.
Vincezo Peruggia - a lato - e - a destra - il ritrovamento del direttore degli Uffizi, Giovanni Poggi, che osserva la Gioconda
Il furto e la vicenda di Peruggia ebbe una rilevanza mediatica planetaria, e contribuì non solo a rafforzare il patriottismo italiano sulle opere d’arte ingiustamente rubate dagli altri paesi, ma soprattutto creò un vero e proprio mito della Gioconda, divenuta da quel momento l’opera d’arte più famosa a livello mondiale. Ho parlato di questo con il popolare storico dell’arte Luca Nannipieri,m autore nel 2019 del libro “Capolavori Rubati”.
Se chiudiamo gli occhi e diciamo la parola arte ci vengano a mente una, due, forse tre immagini a livello proprio mondiale. La Gioconda è un'immagine che tutti, dalla dallo studioso a colui che se ne frega del tutto. E l'arte riconosce c'è. È un'opera che miliardi di persone individuano come tale è l'immagine in assoluto dell'arte. Ma non è sempre stata così. Non è assolutamente sempre stato così per questa opera, alla fine piccolina che se ne sta lì, al Louvre, 53 centimetri per 77, quindi di dimensioni non grandi, che Leonardo iniziò nel 1503 per poi avanzare in una serie di ulteriori pentimenti e miglioramenti fino al 1510 1513. Un'opera che fino allora è stata per lunghi secoli. Un'opera conosciuta da un ristretto numero di persone, da studiosi, pittori, persone legate all'arte. È diventata mitologia dopo il furto ed è il motivo per cui ne rifletto in capolavori rubati. Dopo che nel 1911 l'imbianchino Vincenzo Peruggia entra dentro al Louvre e si porta via la Gioconda e per per un po di tempo la preclude alla visibilità pubblica. Ecco, da quel momento iniziano con i giornali che iniziano a titolare il Louvre, le Louvre, Perduto la Gioconda, la Domenica del Corriere che titola Sto leggendo ora qui il titolo Come è stato possibile l'impossibile, cioè il furto del Louvre e del ritratto in Monna Lisa del Gioconda di Leonardo. Insomma, iniziano le file di visitatori a vedere l'opera che non c'è. Beh, lui non sapeva di poter produrre una tale, una tale, un tale vertiginoso cambiamento che sicuramente lui è stato la miccia. Poi è venuto tutto dopo i grandi avanguardisti che prendono la Gioconda gli fanno i baffi, rivista in miliardi di modi nella storia dell'arte, nella letteratura, nelle immagini pubblicitarie, ovunque e ovunque. E quindi tributato onore a questo Vincenzo Peruggia. Questo imbianchino però, al tempo stesso e della riflessione di fondo all'interno del mio libro, è che gli atti di violenza, di malvagità o anche quelli che un tempo non venivano considerati atti di violenza e che ora giudichiamo tali, hanno riescono a produrre una complessità di concause e una complessità di di. Appunto, di. Di conseguenze tale per cui è veramente insondabile ciò che l'arte produce. La Gioconda ha smesso di essere un'opera del 1503-1513 ed è diventata l'emblema, forse in assoluto, della storia dell'umanità.
Attorno all’originale, dipinta da Leonardo, gravitano altre versioni della Monna Lisa.
La più antica è la “Gioconda del Prado” conservata a Madrid, che risulta praticamente identica a quella del Louvre. Grazie ad un restauro fatto nel 2010 sono emersi colori più vivi e brillanti, e si è riusciti a stabilire non solo che fu realizzata esattamente negli stessi anni, ma addirittura sono presenti le stesse correzioni fatte da Leonardo.
Questo ha permesso di ipotizzare c he fu realizzata in contemporanea da uno dei suoi allievi, probabilmente Gian Giacomo Caprotti (detto il Salaì) o Francesco Melzi, come ritiene lo storico dell’arte Luca Tomio.
Esiste poi la Gioconda Svizzera, da molti esperti attribuita proprio a Da Vinci.
Gli esami scientifici confermano una datazione compatibile con gli stessi anni della Gioconda del Louvre, ma ancora l’attribuzione non è stata accertata.
Si caratterizza per una sostanziale differenza dello sfondo (solo abbozzato e meno ricco) e per la giovinezza della modella (è conosciuta infatti come Monna Lisa anteriore o Gioconda Giovane).
La Gioconda del Prado
La Gioconda Svizzera, o Monna Lisa di Isleworth
Terza è la Gioconda di San Pietroburgo di artista sconosciuto e conservata all’Hermitage. Anche questa versione presenta una Monna Lisa molto più giovane dell’originale.
Mentre le prime due sono di fatto coeve a quella del Louvre, la terza risale a più di un secolo dopo.
Esiste anche una versione più erotica della Gioconda, nota come Gioconda Nuda conservata al Castello di Chantilly e datata 1503. L’attribuzione anche in questo caso è incerta, ma l’ipotesi è che si tratti di uno schizzo di Leonardo.
La Gioconda di San Pietroburgo
La Gioconda nuda, anche noto come Monna Vanna (originale in carboncino)
La posa, le mani e in parte lo sguardo farebbero infatti pensare che si tratti di una bozza realizzata da Leonardo durante le fasi di preparazione della Gioconda.
Gli occhi, il sorriso della Monna Lisa ma soprattutto i dubbi sulla sua vera identità, sono questi gli elementi che contribuiscono a mantenere vivo l’alone di mistero che la circonda.
Alberto Angela, nel 2016, scrisse un libro in proposito, “gli occhi della Gioconda”, che ripercorre la vita di Leonardo attraverso il suo dipinto più celebre, e indagare sulla vera identità della donna ritratta.
La Gioconda colpisce per gli occhi, innanzitutto. Da qui il titolo del mio libro. Dopo Ti colpisce per il sorriso. Però guardate questo sorriso. Sembra timido, sembra abbozzato. Gli occhi ti guardano, però non capisci l'espressione. Non riesci a capire che cosa ci sia dentro il cuore della Gioconda. E per questo Leonardo ha usato una tecnica molto particolare ed è chiamato lo sfumato leonardesco. Innanzitutto non ha fatto le sopracciglia e quindi io non riesco a capire la sua. Lo suo stato d'animo. Poi non ha le ciglia, ma poi soprattutto, e qui lo si vede bene sulla bocca.
Lui ha usato una tecnica rivoluzionaria, semplice, ma che ha veramente stabilito quasi una una pietra miliare nella storia dell'arte. E cioè lui praticamente dipingeva bene la bocca. Poi ci passa sopra uno strato leggerissimo di pittura semitrasparente, con un po di pigmento. Aspettava che tutto asciugarsi e ne passava un altro e poi un'altra ancora una volta dove asciugare. Alla fine la bocca diventa un po sfumata, sfuocate, come se tu avessi messo degli strati di carta velina e quindi non riesci a vedere dove comincia la pelle e dove finisce il labbro. Ti rimane una cosa indefinita da cui non riesci a capire l'espressione. E lo stesso è successo per gli occhi, gli sfumati. E siccome noi, quando cerchiamo di capire lo stato d'animo di chi ci sta davanti, guardiamo subito gli occhi, la bocca e lì siamo non riusciamo a definire niente. E anche le sopracciglia ci potrebbero dire tante non ci sono. Questo è un trucco. Leonardo era bravo, quindi a fare dei ritratti. C'è la Gioconda, in realtà viene da lontano, lui aveva una tecnica ed era questa. Andava in giro con dei taccuini, lui aveva fatto una serie, ha suddiviso i nasi in 21 tipi diversi di nasi, poi andava in giro e lui guardava un volto e diceva Questo è il naso numero sei poi alla bocca, n8 le orecchie così, eccetera eccetera e gli occhi così, ecc. Quindi alla fine poi lui poteva ricostruire un volto non solo 1 ora dopo, ma anche un anno dopo riusciva a ricostruire un volto con una tecnica, se vogliamo, da identikit.
Ma alla rovescia. Perché l'identikit, al contrario, è. Lui riusciva a smontare un volto quando lo vedeva. Da qui l'idea di poter fare un volto anche di qualcuno che aveva visto in tempi lontani. Questo sarà importante anche per capire la Gioconda quando lui dipingeva la Gioconda. Vasari ci dice appunto perché questo mercante gli aveva detto è entrato a vedere questo quadro. Raffaello. Raffaello rimane folgorato. Ammette proprio la maestria di Leonardo, il fatto che lui sia assolutamente un maestro superiore non irraggiungibile. E quando torna a casa fa una copia e non solo realizzerà un quadro che ha la stessa con la stessa postura. Lui fa innanzitutto la balaustra che corre all'altezza, diciamo quasi del collo. Nella Gioconda è più basso. Raffaello rappresenta molto bene delle colonne, le colonne qui quasi non si vedono. Raffaello addirittura fa delle sopracciglia le sopracciglia. La Gioconda non le ha. Altri dubbi sul fatto che. Il quadro che voi vedete al Louvre sia effettivamente quello che è stato visto da Raffaello, quello descritto dal Vasari. Vasari dice che Leonardo ha fatto il quadro su commissione di un mercante che dovrà presentare la moglie Lisa Gherardini, da cui Monna Lisa eccetera. Incongruenze Non è proprio una ragazza di 15 anni quella che vediamo al Louvre. Non ha le sopracciglia e invece Raffaello ci fa capire che c'era, eccetera eccetera. E poi, soprattutto, che fine ha fatto questo primo quadro? Perché non esiste un attestato di pagamento e Leonardo era molto preciso nei suoi pagamenti e soprattutto nei soldi, diceva non esiste una prova, non solo neanche del Giocondo.
Quando è morto, nel suo testamento fa riferimento al quadro La Gioconda. Quindi sembrerebbe proprio che non gliel'abbia mai venduta. È possibile che sia il quadro che vediamo oggi al Louvre. E allora arriviamo a questo. Questo caso la donna è un amante di quest'uomo. Quest'uomo si chiama Giuliano de Medici. Chi era? Era il figlio di Lorenzo il Magnifico. Lorenzo il Magnifico ha avuto tre figli. Uno era questo gaudente, uno che amava le feste, protettore dell'arte, ma anche un grande poeta e un altro figlio, suo fratello, che era diventato papa Leone 10.º. Ora lui in questi suoi giri arriva a Urbino e ha una relazione con una ragazza e la mette incinta e lui poi se ne va. Arriva a Roma lei. Questa ragazza va a Roma perché c'è il fratello che è Papa e questa ragazza ha un figlio e al momento della nascita lei muore di parto. E allora, ecco l'ipotesi Giuliano stava a Roma, a Roma c'era anche Leonardo. A Roma arriva il bambino e Giuliano chiede a Leonardo di fare un ritratto della madre che è morta. Ma Leonardo non l'ha mai vista. Non è vero. Leonardo con Cesare Borgia era passato da Urbino, quindi l'aveva vista. Cioè tecnicamente poteva averla vista e lui smontava i volti. Quindi tecnicamente poteva ricostruire il volto in persona che aveva visto. Questa è un'ipotesi, ovviamente. Comunque lui fa questo quadro. E e diciamo l'ipotesi è che sia questo secondo quadro che si trovi al Louvre. A questo punto, ecco, non era più una donna di 15 anni.
Ecco, è un quadro che fa di getto perché sa già farlo, più o meno come aveva fatto qualche anno prima. O forse lui dentro idealizza tutto. È una donna che non ha mai visto, non ricorda. E lui fa il segno della bellezza simile al quadro che ha fatto prima. Come facciamo a dire tutto questo? Perché pochissimi anni fa è emerso un documento che ci riporta al momento in cui Leonardo era molto anziano era in Francia, riceve la visita di un cardinale, il cardinale d'Aragona, e immaginate questo colloquio in questo piccolo, questa piccola stanza tra Leonardo molto vecchio, questo cardinale, le sue opere messe lì. E c'è un segretario che annota poi quello fa resoconto della giornata e dice Leonardo ci ha mostrato un quadro di una donna, cioè praticamente della Gioconda, che gli era stato commissionato da Giuliano de Medici. Quindi sono le parole di Leonardo che il segretario scrive È un po inventarsene. Ecco, questo è proprio il punto. Il perno che ha fatto pensare a Carlo Pedretti, che in realtà questo quadro sia stato di fatto il primo, in qualche modo è andato perduto perché non se ne sente più parlare, né del Giocondo ce l'ha nel testamento, né nessuno a Milano quando arriva. Leonardo dice Guardate, c'è anche questo bellissimo quadro, eccetera eccetera. E quindi lui avrebbe rifatto questo quadro per Giuliano de Medici al Louvre. Se questo fosse vero, non ci sarebbe Monna Lisa, ma un'altra donna. Il nome di questa donna era Pacifica Brandani, e di conseguenza bisognerebbe parlare di Monna Pacifica, la Brandani oppure la Medicea.
L’ipotesi di Alberto Angela, sostenuta e sviluppata insieme a Carlo Pedretti, uno dei più grandi studiosi di Leonardo da Vinci, è sicuramente affascinante.
La gioconda che tutti conosciamo non sarebbe quindi la vera Monna Lisa, ma un'altra donna.
Questa ipotesi sarebbe anche avvalorata dagli studi dello scienziato francese Pascal Cotte, che nel 2004 ha avuto la possibilità di eseguire una serie di analisi non invasive sul dipinto.
Cotte ha sperimentato una nuova tecnica, da lui inventata, chiamata Layer Amplification Method, che permette di esplorare gli strati nascosti sotto la superficie della tavola, scattare immagini multispettrali in alta risoluzione, potendo ricostruire così l'esatta cronologia della creazione del quadro: strato dopo strato.
Quello che ne è emerso è sorprendente.
Sotto la Gioconda che tutti conosciamo ci sarebbero ben tre diverse stesure del disegno, ognuna delle quali presenta numerose varianti, come ad esempio le sopracciglia lodate dal Vasari, con espressioni e volti differenti.
Alla luce dei recenti studi in molti concordano nel distinguere due fasi del dipinto.
Una fiorentina, che va dal 1503 al 1506 in cui Leonardo mette mano probabilmente al ritratto di Lisa Gherardini del Giocondo.
E una seconda fase, in cui Leonardo riprende il dipinto, evidentemente mai consegnato al committente, per farne un nuovo ritratto.
Ma di chi?
L’ipotesi di Carlo Pedretti e Alberto Angela, che identificano in Pacifica Brandani la vera donna ritratta da Leonardo, non è l’unica.
Leonardo in quegli anni viaggiò molto, ed ebbe contatti con tutte le famiglie più potenti del tempo. Ognuna aveva validi motivi per commissionare un ritratto a Leonardo.
C’è chi sostiene che sia il ritratto di Isabella d’Este, secondo altri sarebbe Isabella d’Aragona Sforza, duchessa di Milano.
Altri farebbero risalire l'identità a Bianca Giovanna Sforza, figlia primogenita legittimata di Ludovico il Moro, ma c’è anche chi sostiene che sia il ritratto del Salai, allievo e amante di Leonardo da Vinci.
E’ la conclusione a cui è arrivato lo scrittomre Silvano Vinceti, che ha studiato a lungo la Gioconda, individuando addirittura delle lettere e dei numeri nascosti del dipinto, che confermerebbero le sue teorie.
Da decenni si confrontano varie tesi sul rapporto tra la Gioconda e Leonardo modello modello. Chi sostiene che era una nobildonna? Chi sostiene che il Salai, chi sostiene che è un autoritratto? Chi sostiene che una costruzione fantastica ormai in tutto il mondo, documentari, eccetera. Quella. Ma perché tante tesi? Perché mancano prove storiche certe. Leonardo non scrisse mai nulla sulla Gioconda. Era qualcosa di riservatissimo. Allora noi abbiamo ripreso una ricerca che avevamo iniziato nel 2010, quando trovammo Les e Belle dentro la pupilla, le pupille della Gioconda del Louvre. Mai smentito perché non avevamo elementi. Allora abbiamo utilizzato per la prima volta lo storico si è avvalso delle tecnologie più avanzate. E qual è la prima tecnologia? La prima tecnologia è stato il lavoro fatto dal Louvre grazie a un grosso laboratorio di esame a raggi infrarossi di tutte le stratificazioni della Gioconda che dovrebbero essere. Quattro. Stupore. La prima stratificazione, quella quindi che con cui Leonardo inizia quando se ne va, inizia il suo dipinto. Non c'è quel sorriso che noi oggi vediamo nella Gioconda del Louvre, ma era malinconico, triste e lo si vede, anche se lo si vede dalla cosa in bianco e nero. Cosa vuol dire? Cosa? Cosa scrisse il Vasari che non venne creduto nella storia di Leonardo? Che Francesco del Giocondo, marito di Lisa Gherardini, per far ridere la moglie chiamò giullari clown e portato proprio Leonardo. La vide malinconica, triste e tale la riprodusse perché c'è un paragrafo nel trattato di pittura. Parla Leonardo, non parlo io. Il buon pittore non si limita a riprodurre le sembianze fisiche, ma traduce l'interiorità in caratteristiche fisiche. E qui la cosa più difficile abbiamo bisogno di ulteriore prove con queste prove. Certo che la vicenda di Lisa Gherardini, prima modella, oggi trova una risposta che gli storici non potevano dare.
Ma Leonardo si avvalse anche durante il corso d'opera, di un altro modello. Sappiamo che Leonardo utilizza nel 1507 in poi il Salaì. Gian Giacomo Caprotti, detto il suo allievo prediletto, lo utilizza dell'Angelo Incarnato, lo utilizza ne Sant'Anna. Basta vedere il viso della Maria, della madre di Maria, ma lo utilizza nel San Giovanni Battista che è quello. E c'è prove storiche. Cosa abbiamo fatto noi che abbiamo sovrapposto alcuni particolari del San Giovanni Battista, che era simile con la Gioconda del Louvre? C'è coincidenza perfetta tra il naso che in effetti il naso che era il naso da uomo più che la donna e la parte del blocco frontale, cioè questa è una prova che Leonardo si avvalse del Salai per come modello per completare in corso d'opera di questo grande evento che è questa avventura pittorica, anche il sorriso. Abbiamo fatto anche e ci sono le fotografie. Il sorriso della Gioconda è meno marcato, ma anche le caratteristiche, se lo guardi bene, rimandano al Salai. In conclusione usarono due modelli a due modelli uomo e donna, e questo ci conferma qualcosa che prima non avevamo. La pretesa di confermare l'essere e lei l'essere rimanda Salai. Lei le rimanda Lisa e Leonardo e rimanda anche il fatto che la Gioconda era androgina, era uomo e donna. E non è casuale perché Leonardo, in un foglio in quattro righe che si trovano nel Codice Atlantico, dice come dice Pico della Mirandola, quando Pico della Mirandola, fra le varie cose, sostiene che l'uomo è perfetto, cioè la persona perfetta e uomo e donna contemporaneamente. Perché nel Vecchio Testamento e dalle costole dell'uomo che nasce la donna e quindi per lui e poi anche per Leonardo, la persona completa deve avere due sessi e questo è la fine di una storia
Alla fine di questo viaggio ho capito che la Monna Lisa, questa figura che si trasforma di donna in donna, è diventata qualcos'altro: un'opera d'arte che supera il suo essere ritratto ma diventa espressione di tutta la conoscenza del genio di Leonardo, di tutta la sua filosofia.
Leonardo ha sintetizzato qui la sua conoscenza della natura e dell'uomo.
La Monna Lisa non è soltanto la Monna Lisa, è qualcosa di più.
è stato il modo in cui Leonardo ha ritratto tutti noi.