VAI A: 00:26 Commercio illegale di organi (e il rene sottratto)
Alla fine dell’agosto 1990, al rientro dalle vacanze sulle spiagge dell’Adriatico, i quotidiani austriaci, in particolare quelli della Corinzia, iniziarono a essere tempestati da decine di telefonate che domandavano perché non si parlasse di quello che era successo in Italia a proposito del traffico d’organi. Ne riferisce il giornalista Roberto Olla in un vecchio libro dedicato al fenomeno dei bambini scomparsi.
Uno dei principali quotidiani della regione austriaca, incaricò un suo giornalista di realizzare un’inchiesta sulla vicenda. Scrisse così la storia della bambina di Villach che, durante la vacanza a Lignano, era stata ritrovata senza un rene. Molti gli spiegarono che si trattava di una bambina di tredici anni, gli descrissero la disperazione della madre, specificarono la posizione della cicatrice, il volto gonfio a causa dei narcotici. Dissero che nella tasca della ragazzina era stata trovata una lettera che minacciava i genitori se avessero parlato. Anche alla polizia avevano raccolto queste voci, ma non sapevano chi fosse la ragazzina. Pubblicata la storia, anche il giornalista avrebbe ricevuto minacce telefoniche: e l’inchiesta fu interrotta. Gli articoli sui presunti fatti accaduti sulla costa adriatica furono ripresi da molti giornali austriaci, tedeschi, sloveni. La loro eco giunse in Italia e furono interpretati come tentativi di sottrarci parte del flusso turistico estivo. I giornali italiani accusarono quelli austriaci di scarsa professionalità perché pubblicavano notizie basate su voci e su dicerie. La vicenda si smorzò in un paio di settimane.
A differenza a quanto accade di solito, il caso del rene sottratto , partito dall’Europa, si è diffuso negli Stati Uniti solo in un secondo tempo, a distanza di mesi dalla sua comparsa nel vecchio continente. Le prime segnalazioni emerse negli USA sono state raccolte da J. H. Brunvand che ne riferì all’interno delle numerose rubriche sui quotidiani da lui curate. Brunvand scrive:
La storia narra di un gruppo di ragazzi che vanno a New York per un week-end di svago. Uno di loro è attratto da una donna che incontra in un bar, e informa i suoi compagni che avrebbe trascorso la notte assieme a lei. Questi non hanno avuto più sue notizie fino alla sera del giorno dopo quando lui si rifece vivo per telefono: “Penso di essere nell’hotel X, nella camera Y, ma c’è qualcosa che non va e fareste meglio a venire e portarmi via”. Quando gli amici arrivano all’hotel, trovano il ragazzo a letto con le lenzuola sporche di sangue. È molto debole. Mentre lo aiutano a scendere dal letto, notano sulla sua schiena la cicatrice di un’operazione chirurgica recente, ancora sporca di sangue, cosicché lo portano velocemente in ospedale. Qui, i medici scoprono che all’uomo, dopo essere stato drogato, era stato asportato un rene, allo scopo di venderlo sul mercato clandestino degli organi umani.
La fortuna di questa leggenda oltreoceano è stato oggetto anche di un articolo di Furio Colombo che La Stampa pubblicò in prima pagina il 15 aprile 1991. Colombo riferì tra l’altro del dibattito che si era creato in seno alla comunità medica americana a seguito della messa in onda, la sera del 2 aprile, della puntata del telefilm della serie Law and Order, visto da decine di milioni di persone, che riproponeva il caso del rene sottratto.
Nella sua versione italiana, la storia suona più o meno così:
Tre giovani, una coppia ed un amico, stanno trascorrendo una vacanza di pochi giorni a New York e la sera precedente la partenza per il ritorno in Italia, mentre la coppia decide di restare in albergo dovendo essere in aeroporto la mattina successiva, il terzo giovane li informa che è stato invitato a una serata in discoteca da una ragazza conosciuta quel giorno. L’indomani, al momento di lasciare l’albergo, la coppia scopre che l’amico non è rientrato e, dopo un inutile attesa, decidono di recarsi all’aeroporto: qui, nell’aerea d’imbarco del volo per l’Italia, trovano l’amico in uno stato di profondo torpore, quasi fosse stato drogato. Lo aiutano a imbarcarsi mentre lui, per tutta la durata del volo, permane nel suo stato di torpore senza poterne spiegare le ragioni. Rientrato a casa, i genitori ovviamente preoccupati scoprono i segni di una ferita (peraltro ben medicata) che il giovane non ricorda come abbia potuto procurarsi. Il medico, interpellato per scoprirne la causa, dopo gli opportuni esami, li informa che al figlio è stato spiantato un rene. Di tutto questo non viene effettuata denuncia perché il giovane non ricorda né il nome della ragazza né quello della discoteca nella quale era stato accompagnato all’inizio della serata.
Durante l’estate 1990, una storia simile, ma ambientata in Turchia, è stata raccolta dall’etnologo Rolf Brednich in Germania. Pressoché contemporaneamente, la storia del rene sottratto aveva iniziato a circolare anche in Danimarca, Belgio, Olanda e Irlanda, riferita sempre a un viaggio in paesi esotici o dell’Est Europa. L’ambientazione in questi luoghi si spiega col fatto che è risaputo che in certe nazioni come l’India, il Brasile o la Turchia, la vendita di un rene destinato a essere trapiantato è divenuto il mezzo, per i più indigenti, di guadagnare somme di denaro ragguardevoli. Intanto, la leggenda aveva fatto la sua comparsa anche in Australia. Agli inizi del 1994, nel mese di febbraio, ecco spuntare l’ennesima variante della leggenda, ora più simile al modello statunitense. Trasmessa di bocca in bocca, la leggenda finisce nuovamente sui giornali. L’11 marzo, nelle cronache provinciali di Asti e Cuneo appare su La Stampa un articolo di Gianni Martini dedicato alla “bella rubarene”. Si fa addirittura nome e cognome del giovane protagonista. Si dice che abiti ad Imperia. Ed effettivamente nella cittadina ligure esiste una persona con quelle generalità. Ma i reni li ha tutti e due e sta benissimo. L'episodio della "bella rubarene", che nella prima parte e' molto simile alla leggenda "Aids Mary" se non altro per la presenza dell'avvenente ragazza che adesca gli uomini per scopi criminosi, col trascorrere dei mesi e' stato ambientato in una dozzina di discoteche diverse, tutte però localizzate in Piemonte. In altre versioni il ragazzo sarebbe stato ritrovato abbandonato in un fosso con la flebo ancora attaccata al braccio. E' solo a partire dall'estate che la storia inizia a trovare ambientazione anche in numerose discoteche della Lombardia, dell'Emilia e del Veneto. E a causa della notevole diffusione della leggenda, molti quotidiani del nord sono stati costretti a pubblicare articoli di smentita suffragati dalle dichiarazioni di medici e rappresentanti delle forze dell'ordine che negavano l'accadimento di fatti simili.
VAI A: 05:56 L’ambulanza nera
“C’è un’ambulanza nera che gira in città per rapire i nostri figli”. L’allarme, che ha coinvolto mezza Italia sul finire dell’estate 1990, si è diffuso a partire dalla Sicilia. Come riporta il già citato Paolo Toselli, che proprio su questa storia condusse un’approfondita ricerca, In breve ha passato lo stretto ed è risalito dalla Calabria alla Puglia, dalla Campania al Molise. La storia della “tratta delle bianche” si ripete: una banda di sequestratori rapirebbe i bambini per alimentare un terribile commercio di organi umani. Alla fine di ottobre l’”ambulanza nera” aveva fatto la sua comparsa anche in Abruzzo. Qualcuno mise in giro la voce che nelle vicinanze del lago di Penne era stato trovato un bambino morto al quale avevano asportato gli occhi. A distanza di due settimane, lo stesso episodio viene ambientato a Montesilvano. È bastato qualche giorno perché la paura si propagasse anche a Roma. Particolari realistici sono stati aggiunti per avvalorare il racconto: “Dall’ambulanza scendono due uomini vestiti da infermieri e accompagnati da due falsi carabinieri, i quali fanno chiamare il bambino, e con una scusa – i genitori sarebbero stati ricoverati in ospedale – lo invitano a seguirli. Si racconta addirittura di una circolare del provveditorato agli studi che avrebbe messo in guardia i direttori didattici da persone che girano intorno alle scuole con false uniformi. Ovviamente tale circolare non esiste.
La storia finisce sulle prime pagine dei giornali che smentiscono le voci. Non sempre tuttavia con l’effetto voluto. L’articolo pubblicato su La Stampa il 29 novembre veniva ripreso, il giorno dopo, dal quotidiano londinese The Times che, travisando leggermente la notizia, poneva l’accento sulla paura collettiva che aleggiava nelle scuole e tra le famiglie italiane.
“C’è un ambulanza, – si racconta – una camera operatoria volante, che gira per le nostre strade. Raccolgono i bambini, tolgono loro gli organi, e li rilasciano morti nelle campagne adiacenti. Sono attrezzatissimi, hanno persino le celle frigorifere per conservare il materiale spiantato”. Ne hanno sentito parlare tutti e molti sono convinti di averla vista scorazzare per le vie di alcune città italiane. Sulla vicenda, trattata essenzialmente come un caso di psicosi collettiva priva di fondamento, hanno scritto numerosi quotidiani tra cui L’Unità. Ad avvalorare la credibilità della storia una testimonianza, quella di Simone Onori, nove anni, che sarebbe stato avvicinato da due uomini a bordo di una Renault rossa mentre stava comprando le figurine. “ Sali in macchina”, gli avrebbero detto, “ti portiamo in ospedale da papà che si è ammalato!”. Ma Simone non ci casca. Passano due giorni e la Renault rossa ricompare. Questa volta a casa sua. Un uomo scende e lo chiama da dietro il cancello. Simone avverte il padre, la macchina scompare.
Storie di questo tipo non circolano solo da noi. Già alcuni anni prima nei Paesi dell’Est, e in particolare in Polonia, era diffusa una leggenda, al centro della quale spiccava sempre un’auto misteriosa – solitamente una Volga nera, una specie di limousine – usata per rapire i bambini. Due uomini (preti, forestieri, suore, o dei semplici sconosciuti) tentano di condurre all’interno dell’auto un bambino per poi prelevargli il sangue o organi diversi (per lo più reni) a favore di sceicchi arabi o ricchi possidenti occidentali, pronti a pagarli profumatamente. Questa voce raggiunse il suo apice negli anni Settanta, malgrado fosse ancora estremamente popolare agli inizi degli anni Ottanta. Attualmente non circola più, ma la sua diffusione era tale che era quasi impossibile trovare un polacco che non ne abbia sentito parlare. Nello stesso periodo era presente anche in Unione Sovietica, con minore intensità. È evidente che le paure e le ansie manifestate dalle voci sugli odierni rapimenti di bambini riflettono antichi timori, sempre esistiti. Anche se l’uso della ragione, ogni tanto, ci dovrebbe far dubitare sulla ricorrenza di simili storie in paesi tanto diversi e con particolari così simili.
La leggenda sui presunti espianti di organi ai danni di ignari bambini continua ad alimentarsi sulla base di notizie analoghe giunte dall’America Latina dove si parla di un’organizzazione che ha reclutato alcuni chirurghi senza scrupoli per asportare organi da rivendere sul mercato clandestino dei trapianti. Simili voci vennero alla ribalta in Honduras e in Germania nel 1987, per estendersi poi a tutto il Sud America. Malgrado non si abbiano prove definitive dell’esistenza di una simile organizzazione che operi a livello internazionale, non è raro che notizie del genere vengano accreditate dalla stampa. Queste storie, in genere, ignorano la complessità delle operazioni del trapianto e la vulnerabilità degli organi trapiantati che impedisce ogni rapido espianto e il contrabbando a grande distanza di parti umane senza lunghi esami preliminari.
È da considerare attentamente anche il ruolo dei mezzi di informazioni nell’alimentare la storia del “commercio di bambini per trapianti”. Troppo spesso l’argomento è stato trattato con estrema superficialità ,gusto del sensazionale e scarso senso critico. Sergio Cartoni, docente di genetica umana alla facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino e direttore del Centro di riferimento per i trapianti del Piemonte, commenta: “Per quanto riguarda l’Italia, e l’Europa in genere, escludo completamente la possibilità che simili fatti accadano. Si tratta di semplici voci. Da noi tutte le strutture in grado di eseguire trapianti sono pubbliche. E poi tutti i donatori e i trapiantati vengono schedati e sono soggetti a talmente tanti controlli, che tutto ciò mi sembra che non sia neanche realistico. Si potrebbe accusare la sanità degli Stati Uniti, in quanto privata.
Ma nessun Centro, anche di ricerca, penserebbe di fare certe cose. Se si venisse a sapere si assisterebbe a un vero e proprio linciaggio da parte delle autorità e dall’opinione pubblica. Anche il caso del poveraccio che vende un organo è pensabile solo in paesi del Terzo Mondo dove operano cliniche private. Ad esempio ciò accade in Egitto e pare anche in Colombia. In Europa, la legge esclude la donazione da un adulto vivente, e la autorizza solo tra familiari. Inoltre sono necessarie settimane, a volte mesi, di analisi e verifiche per effettuare un trapianto tra donatore vivente e paziente.” Il successo di simili storie è legato essenzialmente alle tensioni generate nel nostro paese attorno alle problematiche dei trapianti di organi e delle donazioni all’estero.
VAI A: 11:05 Il tentato rapimento
Una donna stava facendo delle compere in un grande magazzino insieme alla sua bambina, quando si è voltata per un attimo. Subito dopo, si è resa conto che la piccola era sparita. I funzionari addetti al controllo hanno bloccato le uscite e hanno perquisito il grande magazzino. La bambina è stata ritrovata in un bagno insieme a due donne che le avevano tagliato i capelli e le avevano fatto indossare abiti diversi. Le due donne sarebbero poi state rilasciate per evitare una cattiva pubblicità al grande magazzino.
Nella maggior parte delle versioni si ritrovano le porte bloccate, la bambina sparita e ritrovata in un bagno, i capelli tagliati (e speso anche tinti), il cambio dei vestiti e il presunto soffocamento della notizia da parte del grande magazzino, della polizia o dei media.
Una leggenda simile, rileva Paolo Toselli, cominciò a diffondersi in Italia intorno al 1990, ed è rilevante notare come i rapitori sono quasi sempre gli zingari, a riprova della perenne ossessione verso di loro fondata su atavici timori. Inizialmente la leggenda italiana raccontava di un bambino, o una bambina, rapito al supermercato da una zingara che l’aveva legato ad una gamba e nascosto sotto l’ampia gonna. Dall’estate del 1993, invece, si è andata diffondendo una versione molto più simile a quella americana.
Il bambino, che era seduto sul carrello spinto dalla mamma, scompare improvvisamente. Quest’ultima da l’allarme e le porte del supermercato vengono subito chiuse. Trascorsi alcuni minuti, il bambino viene ritrovato in un gabinetto assieme a degli zingari che nel frattempo gli avevano completamente rasato la testa, cambiato i vestiti con altri più usurati e sporcato il viso per renderlo il più possibile irriconoscibile.
Di solito chi era a conoscenza della storia l’aveva saputa da un’amica che conosceva la cassiera del supermercato. I giornali non ne avevano parlato dietro richiesta della direzione del supermercato onde evitare una pubblicità negativa. Come ho già fatto notare, i “cattivi” sono gli zingari, con tutte le varie denotazioni che il loro stereotipo implica; ecco quindi che il bambino viene “acconciato” per essere più simile a loro, ovvero rasato, vestito con indumenti usurati, e soprattutto sporcato.
Ma perché sono sempre gli zingari a essere fatti oggetto dei nostri timori? Risponde l’antropologa Ida Magli. “Il problema dei sentimenti ostili verso gli zingari emerge così di frequente, e con sempre maggior forza in buona parte della popolazione europea. […] La paura che gli zingari rapiscano o facciano il malocchio ai bambini proviene da molto lontano. Il timore del malocchio (ossia del danneggiamento malefico) e del rapimento dei bambini accompagna in Europa almeno da duemila anni la caratteristica peggiore, la più manifesta ed assoluta, di chi è ritenuto il nemico per eccellenza, l’altro, il diverso. Hanno cominciato i Romani nei primi secoli del cristianesimo ad affermare che i cristiani rubavano i bambini per sacrificarli nei loro “oscuri riti”, hanno continuato i cristiani, una volta diventati padroni del campo, ad accusare gli ebrei di rapire i bambini per sacrificarli nei loro “oscuri riti”; hanno proseguito poi i cattolici ad accusare gli eretici, le zingare, le streghe di rapire i bambini per usarli nei loro “oscuri riti”. C’è ancora, evidentemente, qualche rigurgito qua e là di antichi meccanismi psicologici e culturali.”
VAI A: 14:44 La tratta delle bianche
A Palermo in un elegante strada del centro storico, ci sarebbe una boutique con un sotterraneo misterioso, attrezzato come una sala operatoria. Qui verrebbero squartate le sfortunate clienti, a uso e consumo di un turpe mercato di organi umani. Nell’estate del 1991, nel capoluogo siciliano, non si parla d’altro. La storia “ufficiale” suona grossomodo così:
Una coppia di fidanzati si reca in questo negozio – secondo alcuni Stefanel, per altri Terrazza. La ragazza va dentro da sola e il suo ragazzo la aspetta fuori mentre guarda le vetrine. Mentre prova un indumento, la ragazza vede a terra una strana botola e, alzandola nota nell’oscurità dei camicioni bianchi e alcuni oggetti strani da chirurgo. Mentre li osserva, viene afferrata e buttata giù. Il ragazzo, dopo un’ora che aspetta fuori impaziente, entra dentro chiedendo della ragazza, ma nessuno sa dire dov’è. Allora, preoccupato, dà l’allarme alla polizia. Sembra che lì sotto dei chirurghi asportassero gli organi delle ragazze e poi li vendessero al mercato nero.
Episodi simili venivano già riferiti nel febbraio del 1989 in un altro capoluogo di regione. “Nei giorni scorsi – scriveva Annamaria Rivera su La Gazzetta del Mezzogiorno – a Bari si è narrato di donne che, misteriosamente scomparse nel retrobottega di questo o quel negozio, sarebbero state uccise e squartate per prelevarne gli organi da destinare poi a trapianti. In una delle versioni raccolte, una donna entra nel negozio per acquistare un abito, viene invitata ad accomodarsi in un locale retrostante per provarlo, quindi viene sequestrata, narcotizzata e nascosta in cantina”. Ma già nella metà degli anni Ottanta girava una voce molto simile, solo riferito a un negozio della capitale. La presente leggenda, è di fatto diffusa in molte altre città della penisola, con lo stesso schema principale, ma con l’aggiunta di particolari diversi.
Lo spauracchio della “tratta delle bianche”, dell’esistenza di un’organizzazione malavitosa ben organizzata operante il ratto sistematico di donne occidentali è estremamente diffusa ed è stato, dalla fine del XIX secolo sino agli anni Venti, un tema preponderante nella cultura di massa, fonte di innumerevoli film, opere teatrali, romanzi popolari. Ma lo ritroviamo anche ai giorni nostri, riproposto insistentemente a proposito - ad esempio - della sparizione a New Orleans di Ylenia Carrisi, nel gennaio 1994.
La prostituzione forzata, il commercio del corpo femminile esiste sicuramente. Tuttavia, non è alimentato da rapimenti attuati a caso, ma da imbrogli ben più subdoli e sottili: essi comprendono la seduzione, un matrimonio o una promessa di matrimonio, il miraggio di un impiego allettante. Non è del tutto impossibile che alcuni rapimenti casuali siano stati messi in atto, ma non è certo un procedimento efficace. Quello che è del tutto inverosimile,è la frequenza e la regolarità con la quale accadrebbero questi rapimenti.
Secondo la ricostruzione storica attuata dalla sociologa Véronique Campion-Vincent, “la falsa versione della tratta delle bianche – rapimento a caso, avvilimento immediato, organizzazione di trafficanti superpotente – ha fatto la sua comparsa un centinaio di anni fa. Ha accompagnato i movimenti di riforma sociale e di lotta contro l’espansione e lo sconfinamento della prostituzione. Il movimento prese il via dall’Inghilterra verso il 1885. Contemporaneamente il concetto di tratta delle bianche venne riconosciuto giuridicamente, e già nel 1914 si erano formate in una dozzina di paesi delle società impegnate nella lotta contro questo traffico. Accanto a questo autentico movimento sociale troviamo la falsa versione della storia, con i casi di rapimenti drammatizzati.
Vediamo ora come ritroviamo la stessa leggenda oltre Oceano:
Una giovane coppia era andata al cinema, ma aveva dovuto sedersi a qualche fila di distanza perché la sala era piena. A un certo punto la ragazza ha provato una sensazione spiacevole, e l’ha attribuita al morso di un insetto, e poco dopo ha cominciato a stare male. La donna seduta accanto a lei, notando i movimenti della ragazza, le ha chiesto se si sentisse ben e si è offerta di accompagnarla fuori. A questo punto interviene il ragazzo, che la porta fuori. Portata la ragazza da un medico, il dottore si rese conto che le era stata iniettata con una siringa ipodermica una forte dose di stupefacente.
LLa paura della della “tratta delle bianche”, era molto forte negli Stati Uniti dalla fine del XIX secolo sino agli anni Trenta, e si riferiva soprattutto, a differenza del nostro paese, al mercato della prostituzione. Esiste un’organizzazione malavitosa ben organizzata - si diceva - che rapisce sistematicamente donne occidentali per alimentare il mercato della prostituzione. Questa storia è talmente diffusa nella cultura di massa, tanto da diventare fonte di innumerevoli film, opere teatrali, romanzi popolari. Ma lo ritroviamo anche ai giorni nostri, riproposto insistentemente a proposito - ad esempio - della sparizione a New Orleans di Ylenia Carrisi, nel gennaio 1994.
Secondo la ricostruzione storica attuata dalla sociologa Véronique Campion-Vincent, “la falsa versione della tratta delle bianche – rapimento a caso, avvilimento immediato, organizzazione di trafficanti superpotente – ha fatto la sua comparsa un centinaio di anni fa. Ha accompagnato i movimenti di riforma sociale e di lotta contro l’espansione e lo sconfinamento della prostituzione. Il movimento prese il via dall’Inghilterra verso il 1885. Contemporaneamente il concetto di tratta delle bianche venne riconosciuto giuridicamente, e già nel 1914 si erano formate in una dozzina di paesi delle società impegnate nella lotta contro questo traffico. Accanto a questo autentico movimento sociale troviamo la falsa versione della storia, con i casi di rapimenti drammatizzati.