VAI A: 00:35 Voci e Leggende su Walt Disney

Come potrebbe una persona come Walt Disney, che ha fatto sognare grandi e bambini con i suoi racconti animati, non diventare egli stesso oggetto di "favole" e racconti? Non solo lui è diventato oggetto di voci e leggende, ma tutto il mondo che riuscì a creare e che porta ancora il suo nome.

Ma chi era Walt Disney, l'uomo che è riuscito a creare dal nulla una delle più potenti multinazionali cinematografiche?

W. E. Dinsey nasce nel 1901 a Chicago, e passa la sua infanzia lavorando duramente nelle campagne del Missouri. In seguito si sposta di nuovo in città ed inizia a collaborare con una Agenzia Pubblicitaria dove cominciò ad occuparsi di animazione, dilettandosi poi a tempo perso con il disegnatore U. E. Iwerks in progetti originali. Grazie al fratello maggiore di Walt, Roy, i due riescono ad aprire uno studio tutto loro intorno agli anni '20 producendo alcune serie di cartoni animati, prodotte per la Universal, che riscossero un discreto successo. Quando però la stessa Universal tagliò i fondi dello studio di Disney e soci, questi dovettero licenziare i propri collaboratori e furono costretti a tirare avanti in tre, quattro persone.

Fu proprio in quella circostanza che, lavorando ad un ritmo forsennato, il suo staff riuscì a produrre il debutto del famigerato "Mickey Mouse" nel cartone animato chiamato "Steamboat Willy". A questo successo Disney affiancò la piccola rivoluzione cinematografica del periodo: il sonoro. E il successo non tardò ad arrivare.

Di lì in poi non fu più difficile produrre storie e racconti sempre più evoluti, nacque così la "The Walt Disney Production". Dopo una grossa crisi nata intorno agli anni '40 (il periodo di guerra non era certo il più indicato per far apprezzare al pubblico le sue grandi opere del periodo, "Pinocchio" e "Fantasia"), la Disney si riprese alla grande imponendosi con forza nel mercato internazionale.

Ma intanto il tempo passava, Walt Disney si arricchiva sempre di più ma la sua salute diveniva sempre più cagionevole. Lasciata al suo staff la produzione e la direzione delle pellicole, si era buttato a capofitto nel suo progetto più ambizioso: il parco a tema "Walt Disney World". Morì nel 1966 stroncato da un collasso cardiocircolatorio.

Tante sono le storie che si cominciarono a raccontare su di lui. Dopo la sua morte, si disse che si era fatto "congelare" per poter essere poi risvegliato nel futuro, vari i motivi per cui l'avrebbe fatto, per poter essere curato, per poter vedere il suo Parco a Tema finalmente completo, etc. Si disse anche che aveva appoggiato il Nazismo nel periodo della II Guerra Mondiale, si disse che era un violento, un cinico. Se ne dissero tante. Era diventato una delle persone più ricche del mondo facendo, agli occhi di tutti, più che un lavoro un "gioco"; un collettivo senso di invidia stava cercando di attribuirgli dei difetti, delle colpe. E anche la purezza che traspariva dalle sue pellicole aveva dei lati oscuri. Messaggi subliminali nascosti nelle sue pellicole, allusioni al sesso, allusioni al mondo della droga. Un mondo tanto zuccheroso doveva nascondere per forza qualcosa di oscuro!

VAI A: 03:45 La Sirenetta

La Sirenetta è stato sicuramente il film Disney più controverso riguardo alle voci di presunte ambiguità sessuali di carattere visivo. Tanto per cominciare nella locandina del film. Essa si presenta con la protagonista in primo piano, alle cui spalle sono gli altri due comprimari (il buono e il cattivo); alle loro spalle si presenta uno splendente castello dorato. Proprio in questo castello, tra le colonne, sarebbe ben visibile un fallo. La voce cominciò a circolare, ci spiegano Barbara e David Mikkelson, subito dopo l’uscita dell’edizione in VHS, e le voci erano molteplici, dallo scherzo di un disegnatore maltrattato o particolarmente burlone, al classico messaggio subliminale per attirare il pubblico.
I Mikkelson hanno indagato sulla questione (www.snopes.com), andando ad intervistare direttamente l’autore dell’illustrazione. Non c’era niente di volontario, e l’autore neanche si era accorto dell’ambiguità generata dalla sua opera. In ogni caso la Disney per mettere a tacere queste voci, nelle versioni seguenti del film, elaborò l’immagine della locandina eliminando il particolare “compromettente”.
Ma non basta. In questo film c’è anche una scena oggetto di voci simili. Quando Ursula, nelle vesti di Ariel, cerca di celebrare il matrimonio, il sacerdote sembra avere qualcosa di strano. Sembra avere un’erezione. Proprio questa scena, ricordano i Mikkelson, generò negli Stati Uniti una sorta di fobia da parte di associazioni religiose e simili. La verità è che quello che sembra un pene in erezione è in verità il ginocchio del sacerdote.
Ma non finisce qui. In una scena finale del cartone animato, durante il banchetto per le nozze del Principe Eric con la la bella protagonista Ariel, il granchietto Sebastian, mentre è sulla torta nuziale, assume una posizione che potrebbe essere ricondotta ad un fallo. Anche qui si può fantasticare quanto si vuole sulla volontarietà o meno di creare immagini ambigue ed allusive, ammesso che poi queste allusioni siano riconoscibili.

VAI A: 05:46 Il Re Leone

Più o meno dopo la metà del film, Simba, Pumbaa e Timon sono sdraiati a guardare le stelle. Ad un tratto il nostro protagonista si alza, e si dirige verso una rupe, per coricarsi di nuovo. Nel cielo che lo sovrasta oltre alle stelle sembrano esserci delle nubi di polvere in movimento. Quelle nubi nasconderebbero un messaggio subliminale di carattere sessuale, vi sarebbe infatti nascosta la scritta "SEX", sesso. Abbiamo già parlato di messaggi subliminali e già sappiamo che oltre a non esserci prove scientifiche sui loro presunti effetti, proprio per la loro natura arbitraria non possiamo affermare con esattezza la loro presenza o meno. Non possiamo dire che sia presente la scritta "sex", al limite possiamo affermare che ci sono delle forme indistinte che possono far ripensare alle lettere S, E, X.

VAI A: 06:37 Disney World

Non solo i film, ma anche il famoso parco a tema creato e realizzato da Walt Disney è stato, ed è tuttora oggetto di voci e dicerie. Le più famose riguardano le presunte misteriose morti avvenute all’interno del Parco, per la pericolosità delle attrazione o per mano di maniaci. Morti che sarebbero state poi insabbiate con cura dalla Disney per non creare problemi alla sua immacolata immagine.

In effetti brutti incidenti sono avvenuti all’interno del parco. Sono ben nove le persone che hanno trovato la morte nel Parco dei divertimenti più famoso del mondo, a volte per causa della loro negligenza nel non rispettare il regolamento di sicurezza, altre per incidenti causati da problemi tecnici. Ma la Disney non ha insabbiato come si dice. Pensandoci bene, sarebbe stupido e controproducente nascondere ciò che difficilmente può essere nascosto, da un punto di vista sia etico che di immagine è meglio ammettere gli sbagli.

Sono anche molto diffuse voci secondo cui, soprattutto i bambini, vengano rapiti (si veda anche "Il tentato rapimento" o le leggende relative al mercato nero di organi) o molestati. Anche se le leggende a questo proposito sono di fantasia e non supportate da fatti realmente accaduti, il messaggio sociale è chiaro e anche corretto: Controllate i vostri bambini in un ambiente confusionario e frequentato da tantissima gente.

Un’altra voce curiosa ha preso in oggetto un murales presente nel parco. Molti vi hanno visto la figura di un soldato nazista. L'immagine rappresenta alcune persone ricche sedute serenamente ai tavoli di un hotel degli anni '30. Secondo la ricostruzione dei coniugi Mikkelson un artista rivendicò l’opera, e ammise di aver dipinto volutamente un soldato nazista "per non dimenticare". Alle prime osservazioni egli spiegò che si trattava di una semplice guardia. Certo bisognerebbe verificare anche l’attendibilità del presunto autore. Il fatto è che la figura assomiglia senza dubbio ad un soldato, ma non ci sono segni evidenti e riconoscibili di una eventuale appartenenza all’esercito delle SS. Sicuramente la voce, diffondendosi, ha portato sempre più persone a vedere in quel soldato un nazista, attribuendo una presenza oscura al solare murales che capeggia nell’Hotel Grand Floridan del Walt Disney World.

VAI A: 08:59 Nosferatu

Il film diretto da Murnau nel 1922, "Nosferatu, eine simphonie des gruens", non è importante solamente perché è stato uno dei primi film "horror" della storia, esso è anche il primo film che introduce la figura del vampiro, e, cosa che più ci interessa in questo contesto, il primo film a far nascere una leggenda cinematografica.

Il film, basato sul celebre racconto di Bram Stoker, fa un uso raffinato delle tecniche e dei principi che caratterizzarono il movimento Espressionista tedesco, soprattutto per quanto riguarda l'uso della luce e delle ombre, e per le atmosfere. Secondo i principi di tale movimento, troviamo concetti come l'esagerazione, la ricerca della metafora densa di drammatiche composizioni. Soprattutto, sono innumerevoli le interpretazioni e le implicazioni psicologiche e psicoanalitiche date alla pellicola nel corso del tempo. Documentati e ormai confermati sono i deliri del regista, che alla ricerca di un estremo realismo avesse costretto il suo cast a sessioni di recitazione in orari e in condizioni impossibili, ma anche sulla figura di Murnau se ne sono dette, e se ne dicono, tante.

Il personaggio che più di ogni altro si distingue è sicuramente il Conte Orlock, ovvero il Nosferatu del titolo, interpretato magistralmente da tale Max Shreck (da notare che il suo cognome, in tedesco, significa "panico"). Proprio Shreck è oggetto di una delle leggende cinematografiche più diffuse e insite nel folklore moderno, tanto da ispirare un recente film ("L'ombra del vampiro", 2000).

La storia è semplice: alla ricerca di un realismo estremo, Murnau avrebbe deciso di far interpretare il ruolo del Nosferatu a un vero vampiro, ovvero Shreck. Nessuno sapeva chi fosse, da dove venisse. Anche sul set si comportava in maniera decisamente silenziosa ed eccentrica, volendo girare le sue scene esclusivamente di notte o in ambienti chiusi. Nessuno ricorda che sia stato usato alcun tipo di effetto speciale (siamo s'altronde agli albori del cinema) o che le sue orecchie a punta, la sua testa spigolosa, i suoi denti prominenti, le sue dita lunghe e affilate, fossero il risultato di una sessione di trucco. Ma chi era in realtà Max Shreck? In verità non era proprio un attore così sconosciuto. Nato a Berlino nel 1879, proveniva dal mondo del Teatro, e faceva parte della compagnia del più celebre Max Reinhardt. Si dice addirittura che avesse lavorato con Stanislavski in persona (e questo spiegherebbe il suo indossare costantemente gli abiti e i costumi di scena, e il farsi vedere solamente di notte alla ricerca di una immedesimazione perfetta). Ma Shreck prima di apparire in "Nosferatu" aveva già collaborato con il mondo del Cinema, in poche e sconosciute pellicole, ma addirittura dopo il film di Murnau partecipò a più di 20 film.

Ma ormai, per la storia del cinema, Shreck è veramente un vampiro originario della Cecoslovacchia, che Murnau avrebbe scovato chissà dove, ed avrebbe convinto a partecipare al film con la promessa di potersi "succhiare" qualche bella attrice che avesse partecipato al film.
C'è da dire che "Nosferatu", e chi l'ha visto può capire bene, ebbe un impatto fortissimo nel pubblico degli anni '20. Non si era mai visto niente del genere, un film terrificante, un gioco di ombre spaventoso. Non poteva essere un trucco. Quel vampiro doveva essere vero per forza. Il realismo è troppo crudo, le sue espressioni, i suoi gesti, non hanno apparentemente niente di umano. Fu questo probabilmente il meccanismo che portò l'audience a considerare Shreck (consideriamo anche che un attore che interpreta un vampiro e di cognome fa "spavento" non può che suonare quantomeno fittizio, anche se reale) una vera creatura delle tenebre.

VAI A: 12:46 007: Missione Goldfinger

In Goldfinger, dopo il tradimento della segretaria Jill Masterson nei confronti del suo boss (il cattivo Auric Goldfinger), ella viene assassinata in stile dipingendo il suo corpo di vernice dorata. Come poi spiega James Bond, dopo il ritrovamento del cadavere, la vernice può causare la morte perché impedisce la respirazione da parte dei pori della pelle.
In effetti al tempo del film (1964) era opinione comune il fatto che la nostra pelle respirava attraverso i pori della pelle; e se questi venivano ostruiti il soggetto moriva in poche ore. Ovviamente ora sappiamo tutti che non si muore per soffocamento se non per problemi alle vie respiratorie (naso e bocca), e che quindi avere tutto il corpo dipinto non provoca problemi di insufficienza di ossigeno, se mai problemi dovuti alle tossine dei coloranti che possono essere sia inalate che assorbite dalla pelle. Quando Shirley Eaton, l’attrice che interpretava la sfortunata segretaria, fu coperta con la vernice dorata , lo studio aveva a disposizioni alcuni dottori pronti a intervenire. Tra l’altro non era completamente nuda (come da l’impressione), e aveva delle parti lasciate pulite per “far respirare liberamente la pelle”.

La Eaton non morì a causa della esperienza avuta in Goldfinger, tant’è vero che prima di ritirarsi dalle scene girò altre pellicole. La storia che si è venuta a creare prende alcune tonalità macabre, come se il regista, per rendere la morte più realistica, avesse ucciso veramente l’attrice. Al tempo, però, la figura del corpo morto della donna, dipinta totalmente di vernice dorata, si insinuò tenacemente nell’immaginario collettivo; tanto da essere esposta dappertutto, perfino su riviste e giornali. L’impatto più immediato sul pubblico fu quello di diffondere la credenza che si possa morire per essere ricoperti di vernice dorata.

VAI A: 14:51 Il Silenzio degli innocenti

Sin dalla sua prima uscita, nel 1991, "Il silenzio degli innocenti" di Jonathan Demme venne subito considerato dal grande pubblico come un classico del genere. Un cast di prim'ordine, con Jodie Foster e Anthony Hopkins, e una struttura narrativa ineccepibile davano alla pellicola uno spessore che gli valse l'Oscar. Per chi non conoscesse il film, basti sapere che il tutto viene giocato sul rapporto dell'agende FBI Clarice Staring (impersonata dalla Foster) ed il cannibale rinchiuso nel manicomio criminale Hannibal Lecter (Hopkins), "collaborazione", la loro, finalizzata alla cattura di un secondo omicida ancora in libertà. Il tutto viene vissuto in maniera molto intima dai personaggi, e per l'agente la situazione diventa un duro percorso alla riscoperta di se stessa e dei suoi valori.

Abbiamo detto il film fu da subito un successone, ma c'è chi ha trovato una ben precisa spiegazione per tale successo. Il fatto è che nella locandina ci sarebbe un messaggio subliminale di natura sessuale che avrebbe invogliato milioni di persone ad andarlo a vedere al cinema.

Diamo un'occhiata a questo punto alla locandina incriminata. Vediamo l'immagine pallida di una donna con una strana falena sulle labbra, sul dorso della quale si vede l'immagine di un teschio. Tutti elementi caratteristici del film: l'orrore, il silenzio, il mistero... Ma se osserviamo bene il teschio disegnato sulla falena è un'illusione ottica, e in verità è formato dai corpi contorti di sette donne completamente nude.

Il fatto che ci siano è inequivocabile. Difficile è dire però se questo abbia effettivamente attirato il pubblico. Come sappiamo gli effetti dei cosiddetti messaggi subliminali non sono affatto comprovati - ne abbiamo parlato nell’episodio precedente.

C'è un altro elemento però che può ricollegare tale immagine a un gioco degli autori o meglio a una citazione artistica. Nel 1951 Philippe Halsman, su disegno di Salvador Dalì, scattò una fotografia che ritraeva i corpi di sette donne svestite in una posa che, vista da lontano o con disattenzione, poteva far pensare ad un teschio. Mettendo a confronto le due immagini la somiglianza è palese, tanto da far pensare, a mio avviso, ad una ben consapevole citazione.

VAI A: 17:13 La maledizione di Poltergeist

È strano, eppure una serie misteriosa di morti si sono verificate tra il cast della Trilogia del film “Poltergeist”, questa voce, pur raccontata a volte con connotazioni leggendarie, si basa su fatti vari. Tali morti hanno inevitabilmente dato al film la proprietà di “maledetto”, tra l’altro in perfetta linea con il genere e il racconto del film, come se esso stesso abbia risvegliato spiriti maligni o demoni che abbiano poi cercato di vendicarsi su tutto il cast.
In una delle estremizzazioni della leggenda, ogni attore che abbia partecipato al film ha fatto una fine orribile, chi assassinato, chi morto in un incidente, chi di orrende malattie. Fortunatamente questo non è vero, poiché molti attori che hanno partecipato al film sono tuttora vivi e attivi nel panorama cinematografico.

Ma andiamo per ordine.
I tre film della trilogia sono rispettivamente Poltergeist (1982, scritto da Steven Spielberg e diretto da Tobe Hopper), Poltergeist II (1986, diretto da Brian Gibson), e Poltergeist III (1988, diretto da Gary Sherman). Ogni film racconta le vicende dei Freelings, una tipica famigliola americana che ha la cattiva abitudine di andare ad abitare in case infestate dagli “spiriti burloni”, ovvero da poltergeist.
Ci furono quattro morti tra gli attori del cast, Dominique Dunne (Dana Freeling), Heather O’Rourke (Carol Ann Freeling), Will Simpson (Taylor, uno spirito buono) e Julian Beck (Hanry Kane, uno spirito cattivo). La coincidenza è una spiegazione più convincente della maledizione, ma l’idea della maledizione prese piede, suffragata soprattutto dalle morti misteriose, inattese. È questa la condizione che spesso genera la maledizione: l’avvenimento di fatti inaspettati, apparentemente inspiegabili, e che immediatamente associamo ad un evento che la possa aver generata (in questo caso l’aver girato un film su degli spiriti maligni).
Ecco perché le morti accidentali di Dunne e O’Rourke, tra l’altro particolarmente giovani (22 e 12 anni rispettivamente), fecero nascere la voce della maledizione. O’Rourke partecipò a tutti e tre i film, interpretando tra l’altro la protagonista, ma purtroppo morì prima dell’uscita dell’ultimo, tanto che nacque anche la voce che fosse morta durante le riprese per colpa di qualche spirito particolarmente malefico. Le altre due morti furono tutt’altro che accidentali essendo gli attori malati da tempo; tant’è vero che spesso essi non vengono menzionati tra le vittime della “maledizione” di Poltergeist. Il 60enne Julian Beck morì di tumore allo stomaco nel settembre 1985 dopo aver lottato per quasi due anni, e il 53enne Will Sampson nel giugno di due anni per problemi che si portava dietro dall’infanzia.

VAI A: 20:02 Il Corvo

La leggenda si riferisce al film Il Corvo (1994), per la regia di Alex Proyas. Tutti ormai sanno che l'attore protagonista, Brandon Lee, morì sulla scena durante le riprese del film. Subito dopo la sua morte, però, si sparsero voci riguardo il suo possibile assassinio, e la voce secondo cui la scena nella quale l'attore viene mortalmente ferito era stata lasciata nel montaggio finale del film.

Alcuni suggeriscono che Lee sia stato ucciso dalla stessa Mafia Cinese che uccise nel 1973 il più noto padre Bruce Lee, come punizione per l'esposizione dei segreti delle divine arti marziali nei suoi film. Altri ancora sono sicuri che ci sia di mezzo la Yakuza giapponese, in particolare quella che si muove dietro l'industria cinematografica.

La semplice verità è che Brendon Lee venne ucciso da uno spiacevole incidente, risultato della distrazione e del disordine organizzativo, e la tragica scena non venne usata nel montaggio del film. Secondo i giornali e la stampa specialistica, la scena in questione fu girata il 31 Marzo 1993, a Wilmington, nel North Carolina. La scena riguardava la morte del personaggio impersonato da Lee, Eric Draven, e risultava essere una scena portante per le vicende del film.
Lee doveva camminare attraverso una porta, portando una borsa contenente droghe. A quel punto l'attore Micheal Massee, nella parte di FunBoy, avrebbe dovuto sparare una revolverata a Lee. Per completare l'effetto realistico, una piccola carica esplosiva era contenuta nella valigetta portata da Lee. Sfortunatamente, un frammento del proiettile a salve, usato in precedenza per le scene dei dettagli, fu sistemato nel tamburo della pistola, e nello sparare ancora il frammento finì addosso a Brendon, ferendolo mortalmente.

Si disse poi che le scene della sua morte erano state distrutte; altri dissero che erano state sequestrate dalla polizia di Wilmington come prova investigativa. Le inchieste successive confermarono la morte di Brandon Lee accidentale, e la responsabilità fu attribuita alla negligenza della troupe, senza trovare diretti responsabili. In ogni caso il film fu completato, anche grazie a tagli di altre scene e a "trucchetti" digitali. Venne così anche rifatta e rielaborata la scena della morte di Draven, attraverso l'uso di una controfigura. Nonostante la falsità della notizia, al pubblico piacque crederci, quasi a celebrare il martirio di un eroe, dove l'attore e il personaggio diventino un tutt'uno e si fondano insieme.

VAI A: 22:46 Tre uomini, un bebè ed un fantasma

La leggenda vuole che l’immagine evanescente di un ragazzo morto nell’appartamento usato per girare il film Tre Uomini e un Bebé compare in alcune scene del film. L’immagine inusuale appare ad una finestra quando Jack Holden (Ted Danson) e sua madre (Celeste Holm) stanno camminando nella casa che Jack divide con i suoi due amici.

Quando La signora Holden gioca con la bambina lasciata nelle cure dei tre maldestri ma simpatici protagonisti, una figura umana si intravede da dietro le tende di una finestra in secondo piano, sulla sinistra dello schermo. La leggenda prese campo velocemente, e persistette per vari anni. La forma più comune della storia riguarda un ragazzo di 9 anni che si suicidò con la pistola del padre nella casa usata per il film. Tale dettaglio venne ispirato dal contorno frastagliato della figura all’altezza della testa, e dal fatto fatto che le ombre formano la sagoma di una pistola. Altre variazioni riguardano la madre del fantasma. Si sarebbe opposta alla produzione del film, avrebbe riconosciuto il figlio nelle vesti funerarie, e sarebbe poi impazzita alla sua visione…

Come al solito, la verità è molto meno fantasiosa. Il personaggio di Ted Danson, nella versione iniziale, avrebbe dovuto fare in una scena una pubblicità a un prodotto per cani, usando un cartonato che lo ritraeva. Tale scena venne poi tagliata nella versione finale del film, eliminando così ogni riferimento alla figura sagomata. Infatti, la sagoma ritorna più di una volta nel corso del film. Ted Danson si trova proprio vicino a questa quando la madre della bambina torna a reclamarla; la figura era stata lasciata accidentalmente vicino alla finestra sul set.